Sarà la crisi, sarà la voglia di discutere, sarà che finalmente anche i vignaioli si sentono un poco più liberi di dire la loro. Sarà tutto questo e anche altro, sta di fatto che il dibattito che si aperto nei giorni scorsi sulle colonne de L’Adige con le dimissioni dalla coop “Casa del Vino” di uno del calibro di Albino Armani, ha innescato, da più parti, una serie di reazioni che probabilmente covavano sotto la cenere. Dopo le dichiarazioni del presidente Guerrieri Gonzaga dei giorni scorsi e dopo quelle di vignaioli come Eugenio Rosi e Nicola Balter e di un direttore di sociale come Mauro Baldessari di Vivallis, ieri è tornato sul tema Casa del Vino, e ci è tornato con un affondo senza precedenti, anche uno dei decani, quasi un patriarca, del mondo del vino lagarino, il cavalier Valerio Bongiovanni di Sabbionara: “I vignaioli in tutti questi anni sono stati strumentalizzati e strumentalizzati da tutti” ci ha detto ieri appena abbiamo sollevato il telefono. Scusi? “Si, i vignaioli che sono la vera anima del territorio fino ad oggi sono stati messi all’angolo per far posto alle logiche della politica, delle cantine sociali e dei grandi industriali del vino, faccio anche i nomi: Albino Armani è uno di questi. Ma cosa c’entrano loro con il territorio e con i vignaioli. E questo è avvenuto anche dentro la Casa del Vino”. Parole pesanti come piombo. A cui ieri Bongiovanni ne ha subito aggiunte altre e altrettanto pesanti: “Metto nella lista di quelli che c’entrano poco con il territorio e con i vignaioli, anche il marchese Guerrieri Gonzaga presidente della coop di Isera che ha fatto della Casa del Vino il suo giocatolo”. Quindi cosa vuole dire? “Voglio dire che in questa situazione, che va avanti da anni, la Casa del Vino ha mancato tutti gli obiettivi che si era prefissata e questo perchè i vignaioli, quelli veri, sono stati emarginati e messi nell’angolo dai grandi interessi. Ma è arrivata l’ora di cambiare”. Punto.