Immagine-36Ci sono vini, ci sono grandi vini e poi ci sono vini che fanno la storia. Che restano nella memoria collettiva perché segnano svolte epocali; e non solo nell’enologia ma anche nel costume di una società. Uno di questi, anche se chiamarlo vino pare quasi riduttivo, è il Fojaneghe. Un vino trentino, anzi roveretano, che cinquant’anni fa fu il padre – paternità condivisa con il Castel San Michele dell’Istituto – della versione italiana della couvee bordolese (Cabernet, Cabernet Merlot) italiana, prima, molto prima di quella toscana: la prima bottiglia di Sassicaia comparve sul mercato nel 1968. Diciassette anni dopo la prima etichetta del blend trentino dei Conte Federico Bossi Fedrigotti. L’anniversario è stato festeggiato ieri, con un anticipo di evento riservato alla stampa di settore venerdi sera, nella tenuta della nobile famiglia roveretana. Degustazioni, dibattiti ma soprattutto celebrazione di un vino che ha rivoltato come un calzino l’enologia italiana. Nato sotto il segno dell’aristocrazia roveretana e oggi transitato nell’orbita di un grande gruppo internazionale, l’azienda agricola Masi, famosa nel mondo, e in Italia per l’Amarone. A palazzo Fedrigotti a Sacco, l’altra sera e ieri, c’era anche il suo presidente, Sandro Boscaini. Il volto immagine di questa azienda che ha contribuito al rinascimento della Valpolicella e alla diffusione nel mondo della suggestione delle colline veronesi. Ma oltre e prima dell’attualità, c’è la storia. E la storia racconta di un vino nato cinquant’anni fa dall’intuizione, ma anche dal desiderio di riscatto, allora di un giovane, e oggi di un grande vecchio, dell’enologia trentina: Leonello Letrari. Anche lui roveretano e nemmeno questo è un caso. Per anni protagonista dei successi spumantistici trentini e italiani, ma prima, alla fine degli ani quaranta, vero demiurgo di questo vino che segnò una svolta epocale nell’enologia nazionale. In un’intervista rilasciata al nostro giornale qualche settimana fa, raccontò così la nascita di questa etichetta: «In quegli anni il vino si vendeva a 150 lire, noi uscimmo con una bottiglia da 950 lire. Il Fojaneghe andò a ruba». Anche se fu bocciato dalla commissione di assaggio della Mostra dei Vini (“Vino legnoso e resinoso, vino greco”, fu l’incredibile e sorprendente verdetto), fu un successo che durò vent’anni e arrivò a sfiorare le 400 mila bottiglie. Poi arrivarono i grandi toscani con le loro rotondità più ruffiane, e l’immagine del Fojaneghe subì un appannamento. Ma la scuola, a cui anche loro si ispirarono, fu, dopo la Francia, quella roveretana del conte Federico Bossi Fedrigotti e di Leonello Letrari. A cui Sandro Boscaini ha voluto rendere omaggio con una due giorni enoica tutta roveretana.