Ancora con queste bollicine? Basta, non se ne può più. Piantiamola di usare questa parola, “bollicine”, quando parliamo di TrentoDoc. Cominciamo da qui, cominciamo dalla scelta delle parole, se vogliamo convincere i consumatori che in Trentino non esistono solo numerose e prestigiose maison spumantistiche ma esiste anche un metodo classico trentino. Cosa che nessuno, fino ad ora, è ancora riuscito a fare. TrentoDoc è un marchio che non esiste. Basta farsi un giro, non dico a Roma o a Milano, ma nei locali del Trentino per rendersene conto: raramente i consumatori lo chiedono e raramente si incontra un esercente che, non dico lo promuova, ma almeno lo conosca. Se vi va bene, vi sentirete proporre un prosecchino, o uno spumantino o un bollicine, appunto, mai un TrentoDoc. E’ un’osservazione che faccio in continuazione, fino alla noia, quando parlo dello spumante trentino, ne sanno qualcosa i miei amici e miei compagni di merende. E la stessa riflessione la ripropongo anche oggi su questo blog, mentre leggo il comunicato stampa diffuso da Trentino Marketing in questi giorni (vedi il post di ieri e il sito istituzionale del TrentoDoc: “…le bollicine scendono a Roma”). Anche chi dovrebbe promuovere il brand TrentoDoc, perché è pagato per farlo, continua ad indurre confusione nel consumatore: bollicine è tutto ed è niente. Dentro questa parola si racchiudono tutti i vini frizzanti di tutto il mondo. Troppo generica, troppo universale, questa parola, per descrivere un’identità che vorrebbe essere territoriale. Quindi, consiglio a chi ha il compito istituzionale di divulgare l’immagine del metodo classico trentino, di cambiare vocabolario. Di compiere una piccola-grande rivoluzione lessicale. E di bandire questa parola e tutti i suoi infiniti sinonimi almeno dal vocabolario dei comunicati stampa. il TrentoDoc ne guadagnerà di sicuro.