Dunque, non è per essere polemici a tutti i costi. Fra l’altro l’assessore all’Agricoltura e al Turismo della Provincia di Trento, Tiziano Mellarini, è anche un buon amico. Ma questa volta non riesco proprio a trattenermi. Scoprire l’entusiasmo dell’assessore, non dell’uomo di mezz’età sensibile per vezzo e per capriccio a qualsiasi moda d’importazione, ma dell’assessore nella sua veste istituzionale, per il rito di Halloween, mi ha fatto una certa impressione e mi ha portato a fare un paio di riflessioni. Qualche giorno fa, intervenendo ad una conferenza stampa a Rovereto organizzata dai commercianti per promuovere una tre giorni, questo fine settimana appunto, di dolcetti e scherzetti nei negozi della città, l’assessore ha dichiarato testualmente (riporto dalle cronache del quotidiano L’Adige): «Questa iniziativa non solo mette a valore un prodotto dell’agricoltura, come la zucca, e lo coniuga con la proposta d’intrattenimento. Ma riesce a proporre una manifestazione che si rivolge alla comunità ed ai turisti, che qui possono trovare proposte che possono interessare sia ai bambini che agli adulti, con un pensiero particolare riguardo alle famiglie». Detto per inciso, sarebbe interessante conoscere nome e cognome di chi ha avuto l’avventurosa fantasia di suggerire al Mella, perchè di sicuro, conoscendolo bene, non deve essere stata sua, l’idea strampalata che i turisti possano essere anche solo sfiorati dal pensiero di scegliere l’estrema provincia dell’impero come meta ideale per festeggiare Halloween. Mettiamo in chiaro subito che la liturgia americanista di Halloween, non mi fa né caldo né freddo. Oddio, mi fa un certo effetto, da un punto di vista antropologico e sociologico, osservare come nel giro di pochi anni la società italiana, anche nell’ultimo dei paesi di montagna dell’italica provincia, abbia assorbito acriticamente una gestualità sociale e culturale che le è, che le era, completamente estranea. Ma tutto questo sta gioiosamente dentro nel gioco al massacro dell’omologazione consumistica e mediatica indotto dalla globalizzazione. Niente di nuovo. Poi capisco anche che i commercianti, che fanno il loro mestiere, soprattutto di questi tempi in cui non si batte chiodo e non si battono scontrini, si aggrappino a qualsiasi occasione pur di far entrare qualcuno nei loro negozi. Fanno bene. Dal loro punto di vista fanno bene. Almeno in una visione di breve termine. Quella che, invece, mi riesce difficile comprendere è la posizione di chi dovrebbe promuovere l’agricoltura e il turismo della nostra provincia. A meno che il mitico Mella, in questi giorni, non stia vivendo il suo sogno dentro la magica zucca di Cenerentola. Ma anche le fiabe, si sa, devono avere un senso. E quella di Cenerentola ce l’ha. Sorvoliamo pure sull’ilarità contenuta nella dichiarazione dell’assessore (“Questa iniziativa… mette a valore un prodotto dell’agricoltura, come la zucca”): certo che la zucca è un prodotto dell’agricoltura, si è mai sentito di zucche metalmeccaniche? Ma quante zucche commestibili si producono al Trentino? Quante sono le ricette della cucina trentina legate alla zucca? Quanti sono i ristoranti, e i banchi del mercato contadino, che propongono la zucca, naturalmente a parte il tormentone di questi tre giorni di fine ottobre? Domande a cui sono sicuro l’assessore vorrà rispondere, in qualche suo ritaglio di tempo fra una conferenza stampa e l’altra. La mia memoria di bambino, nato in campagna sulla montagna del Basso Trentino, mi fa ricordare le zucche coltivate negli orti a solo scopo esornativo e ludico: a maturazione, a fine estate, le usavamo per giocare; le svuotavamo dalla polpa e le trasformavamo in mostruose e simpatiche maschere vegetali. Le nostre mamme, invece, le appendevano alle finestre accanto ai gerani. L’estetica contadina ha sempre avuto un suo perché molto concreto. Ma tutto qui. Insomma, la zucca in Trentino, a mia memoria ma posso anche sbagliare, non è mai stata la zucca, per esempio, della pianura padana, mantovana o emiliana, ingrediente principe di alcuni piatti formidabili, di cui fra l’altro sono golosissimo. A tutt’oggi, e mi capita ancora di girare fra gli orti di campagna e di seguire la cucina regionale, non mi pare che le cose siano cambiate. Anzi, zucche se ne vedono meno di allora. E tuttavia, Mellarini, ci ricorda che la zucca è un prodotto dell’agricoltura: certo che lo è. Ma non dell’agricoltura trentina. A meno che, e noi non ce ne siamo accorti, nel frattempo il Mella, oltre che delle Dolomiti, non sia diventato, tutto può essere, anche ambasciatore delle tradizioni agricole e gastronomiche padane. Forse siamo di fronte ad un leghismo strisciante che pian piano si va facendo strada anche da queste parti. E sarebbe un gran peccato. Ma, a parte questo, c’è qualcosa di veramente sconcertante, nella dichiarazione dell’assessore. Perché afferisce all’idea sistemica delle politiche di valorizzazione e di sostegno dell’agricoltura trentina in chiave turistica (non a caso i due assessorati sono stati giustamente accorpati). E qui il discorso si fa davvero più serio. Appiccicare la farfalla, brand ancora attuale del turismo trentino, sulla zucca di Halloween, a mio parere, denuncia uno strabismo, ed è il meno che si possa dire, della visione politica dell’assessore e forse anche del Trentino nel suo insieme. La simpatica liturgia del dolcetto-scherzetto, infatti, si colloca dentro quei fenomeni di globalizzazione culturale e sociale che annichiliscono le differenze, che cancellano le biodiversità, che fanno precipitare le identità territoriali nel tritacarne, o nel frullatore, della cultura indifferenziata e del gusto omologato. La zucca di Halloween ci rende tutti uguali, da Seattle a Trento. Vista in questo modo è uno straordinario veicolo egualitario di massa. E’ una, dieci, cento mille Coca-Cola. E’ questa la strada indicata dalla politica per ricominciare a produrre ricchezza dalla coltivazione della terra? Se è così, non c’è niente di male. O forse sì, ma discutiamone. Se è questa è la strategia che si intende seguire, e se l’assessore ne è convinto, allora la pianti di parlare di marketing territoriale, di filiera corta, di Km zero, di terroir e la smetta di complicarsi la vita inseguendo le Dop, le Doc, le Igt, le TrentoDoc, la tracciabilità delle etichette e tutto il resto. Se la prospettiva a cui tende il Mella è la mcdonaldizzazione dell’agricoltura e del turismo, tutto questo è perfettamente inutile. E’ tempo perduto. Se l’esempio che intende seguire è quello di Zaia, che da ministro dell’agricoltura inaugurò il Mc Italy – e si è visto come è andata a finire -, o quello dei panini di Gualtiero Marchesi, che in queste settimane sono comparsi nei menù italiani di Mc Donald – ma Gualtiero Marchesi è un’istituzione della cucina internazionale non un’istituzione pubblica che ha il compito di immaginare il futuro di un sistema economico -, allora l’assessore si dia da fare e metta a punto un pacchetto di politiche coerenti con questi obiettivi. E poi cominciamo a discuterne senza pregiudizi. O almeno proviamoci. Anche se questo scenario, a me personalmente, ricorda pericolosamente i tempi, nemmeno tanto lontani, in cui Cavìt riempiva gli scaffali degli store americani con anonime bottiglie di Pinot Grigio delle Venezie: lo scotto di quelle scelte, lo sta pagando oggi e a caro prezzo tutta la viticoltura trentina. Ma se ne può, senz’altro, discutere. Però bisogna essere chiari fin dall’inizio e bisogna scegliere cosa si vuole fare e dove si vuole andare. Perché, se c’è un errore che la politica non deve fare è proprio quello di scegliere tutto, e il contrario di tutto, senza distinguere, senza differenziare, senza filtrare. Che è come dire non scegliere e accettare supinamente tutto ciò che accade. Ma tutto ciò che accade, attenzione, è già accaduto. E’ già vecchio, è già superato. Se la politica può compiere, e mi pare ci siamo vicini e non solo a Trento, un errore fatale, è quello di affidarsi alla comoda illusione che tutte le scelte e tutte le azioni, anche se vanno in direzione opposta e contraria, siano di per sé buone e siano assumibili a paradigma. A prescindere dagli obiettivi. Anzi senza averne nemmeno uno. E’ l’ideologia del fare tanto per fare, è l’ideologismo dell’indifferenza e del sincretismo indifferenziato. Purché funzioni. Sempre che funzioni. E’ la mitologia estrema della prassi senza teoria. E’l’epica quotidiana dell’azione senza pensiero. E’ la zucca di Halloween coniugata, per usare un’espressione mellariniana, a Rovereto per valorizzare l’agricoltura (?) e per attrarre turismo(?). Io, però, continuo a preferire la zucca magica di Cenerentola e le favole. Quelle vere. Quelle che, alla fine, insegnano qualcosa. E qualcosa di buono.

Ps: Forse le dichiarazioni rilasciate ai giornali l’altro giorno dal Mella erano uno scherzetto. Di sicuro non erano un dolcetto. Attendiamo l’interpretazione autentica…