mezzacorona-rigottiLa notizia è di questi giorni: Mezzacorona cerca nuovi capitali in Borsa. Lo deciderà l’assemblea dei soci, il prossimo 7 dicembre, ma questa è la strada tracciata dal management del colosso industrialista trentino. Una roba che vale qualcosa come 50 milioni di bottiglie, 100 milioni di giro d’affari e oltre due milioni di utile netto lo scorso anno. L’idea è quella di cercare denaro fresco attraverso la quotazione nel listino Mac della Borsa italiana attraverso Nosio, il braccio commerciale e industriale della cooperativa agricola della Piana Rotaliana. Le ragioni le spiega sull’edizione di oggi del quotidiano on line “Tre Bicchieri”, il presidente Luca Rigotti: “Abbiamo bisogno di crescere in un mercato sempre più difficile che richiede un livello di risorse per cui l’autofinanziamento potrebbe non essere sufficiente”. Insomma, Mezzacorona cerca capitali freschi per crescere. Staremo a vedere se effettivamente è così oppure se, invece, i capitali freschi, non più reperibili attraverso i sistemi tradizionali dell’autofinanziamento cooperativo, servano per cercare di mantenere a livelli accettabili per i soci la redditività della coop. La notizia è stata presa bene dal mondo del vino italiano. E’ stata salutata come un segnale di modernizzazione capitalistica del comparto Wine&Spirit nazionale. Può darsi sia così. Può darsi che questo passo della coop rotaliana faccia bene al sistema vino nel suo insieme. Vista, più modestamente, dal Trentino, non so se questa sia una buona notizia: assomiglia alla certificazione di qualcosa che fino ad oggi avevamo intuito: il mondo del vino trentino, di cui Mezzacorona è una buona parte dell’immagine, dentro e fuori l’Italia, ha scelto definitivamente, e senza ripensamenti, di aderire ad un modello industrialista e globalizzato della filiera agricola. E questo, forse, non fa bene al sistema della viticoltura trentina.