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Questa è l’intervista non intervista più eccentrica della storia degli Wine Blog. O almeno di questo di Wine Blog. Una piccola premessa. Un mese fa riuscimmo a stabilire un contatto email con il direttore-consulente di Trentodoc, il dottor Fabio Piccoli. Al quale proponemmo un’intervista, diciamo così, “al buio, sui temi che ci stanno a cuore. Ci sembrava un modo per dare un contributo costruttivo al dibattito. Dibattito che in verità non c’era. E che ancora non c’è. La risposta fu inaspettatamente positiva. Insomma, accettò. E fu così che il giorno 3 febbraio 2012 gli inviammo le nostre brave domandine. Da allora è trascorso quasi un mese. Un tempo durante il quale più volte abbiamo  sollecitato il nostro interlocutore a restituirci le risposte, in maniera da poterle pubblicare sul blog a beneficio dei nostri quattro lettori. Via via, abbiamo ricevuto ripetuti inviti a pazientare. Ma di risposte alle nostre domande, nemmeno l’ombra. Ad oggi, quelle domandine sono rimaste senza risposta. Per questo abbiamo deciso di pubblicarle, comunque, su questo blog. Come sollecitazione rivolta a tutti, produttori, consumatori e istituzioni, a mettere alcuni punti fermi su questo tema: il futuro di Trentodoc. L’intervista, insomma, non c’è. E ci dispiace perché ci avevamo creduto. Restano solo queste domande. Che speriamo non cadano, nuovamente, nel vuoto.
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L’intervista inesistente

1) Dottor Piccoli, come la devo chiamare: direttore? Formalmente quale è il suo incarico in Trentodoc?

2A) Se sì: quali sono i suoi programmi? Sono quelli della Camera di Commercio? O quelli di Trentino Marketing? Glielo chiedo perchè per ora l’abbiamo vista impegnata solo sul terreno della promozione e ci pare che i risultati (vedi indagine demoscopica di novembre 2011: marchio conosciuto dal 23 % degli italiani contro un 70 % che conoscono Franciacorta) non raccontino di una penetrazione del marchio consolidata sul mercato domestico ne su quello esterno. Cosa ne pensa?

2B) Se no: Non crede che l’organismo di riferimento della spumantistica classica trentina che crede, a ragione, di essere la prima d’Italia, si meriti una direzione? Chi dirige allora l’Istituto, oltre a Zanoni che ha fatto fin qui solo un bel discorso d’insediamento, ha scritto una lettera aperta a Ziliani e ha rilasciato un’intervista al quotidiano Trentino?

3) Che cosa è l’Istituto di Tutela Trentodoc? Quando è nato, come è composto, chi lo finanzia?

4) Quale è il suo bilancio, quanti soldi ha fatto girare nel 2011? Quale è la previsione per il 2012?

5) Quali sono secondo lei gli obiettivi, le strategie e le principali azioni (di tutela e valorizzazione) da impostare per un comparto che aspira alla leadership nazionale? A proposito di leadership nazionale, qualche settimana fa il patron di Franciacorta, sul Corriere del Trentino, ha bocciata la sua proposta di avviare un’azione promozionale comune. Ha parlato di prevalenza dei territori rispetto al metodo, lei cosa ne pensa?

6) Pensa di lavorare per raggiungere la DOCG per il Trento? E in questo caso che fine farebbe l’investimento d’immagine su Trentodoc?

7) Essendo gli investimenti verosimilmente importanti ed avendo sentito di una disponibilità delle Case a co-finanziare le iniziative, come pensa di organizzare il meccanismo di corresponsabilità finanziaria?

8) La compartecipazione alle spese vedrà Ferrari (che ha quasi i due terzi delle bottiglie) leader anche nel finanziamento, anche se immagino ci si dovrà inventare una contribuzione scalare, questo lo vede o meno come problema?

9) Torniamo alle questioni di contenuto. Non crede sia urgente, al di la della docg, comunque lavorare per una revisione strutturale del disciplinare che introduca paletti severi soprattutto a riguardo delle aree di coltivazione? Oggi il Trentodoc, più che essere un remuage di montagna, a guardare il disciplinare risulta più essere un perlage di fondovalle o al massimo di collina. Che ne pensa?

10) Come considera il ruolo della cooperazione, radicata soprattutto nel fondovalle, nella produzione di Trentodoc? Lo considera una risorsa o un limite? Vedo, per esempio che nel 2011, Nosio ha ridotto in maniera consistente la vendita di metodo classico. E’ Una tendenza?

11) Oggi in Trentino, l’area del metodo classico, e lasciamo perdere gli Charmat, è coperta da Trento Doc, da vini VSQ e da Igt delle Dolomiti. Questa pluralità è un limite o una risorsa? Non crede sarebbe il caso di fare ordine soprattutto per rendere la vita più facile al consumatore?

12) Come è ripartita oggi la produzione di metodo classico in Trentino? Quale la quota di Cavit, quale quella delle Cantine sociali, quella di Nosio e quella degli spumantisti artigianali?

13) Dove e come si vende oggi il Trento? Quali le quote di vendita domestiche, quelle italiane e quelle internazionali?

14) Ultima domanda. Mi permetta una provocazione. Ma secondo lei i trentini amano il metodo classico? Glielo chiedo perchè noto che hanno affidato la presidenza dell’istituto ad un cremonese, la direzione (il suo incarico), ad un bravo giornalista veneto come lei, e si dice in giro che l’area web verrà affidata a due bravi blogger lombardo-veneti? Insomma, dove sono i trentini, bravi produttori, ma pessimi dirigenti di se stessi?

15) Dimenticavo… lei che è un grande comunicatore del vino, cosa ne pensa di questo blog?