Che cos’è l’attendibilità? Che cosa vuol dire essere attendibili, oggi? Significa semplicemente “metterci la faccia”, firmare le idee ed opinioni con il proprio nome e cognome a garanzia della veridicità di quanto si è affermato? Ma davvero è sufficiente un nome per essere ritenuti degni di considerazione, anche se quello che si dice a volte non dovrebbe essere nemmeno citato? E se si utilizza lo strumento informatico, emblema della libertà per eccellenza, diviene ancora così importante legare le proprie idee ad un nome per avere dignità non solo nel mondo reale, ma anche in quello virtuale? Mi domando: se l’illuminismo si fosse diffuso oggi con gli strumenti che sono a disposizione di tutti, e Voltaire, diderot, Montesqieu e Rousseau (solo per citare i più noti) avessero aperto un blog, firmandosi “I Fantastici Quattro”, le loro idee sarebbero state considerate meno rivoluzionarie ed innovative? La storia ci insegna che sono sicuramente i grandi uomini a modificare il corso degli eventi, ma, molto spesso, la causa prima del loro agire è da ricercarsi nelle idee che propugnano. Se consideriamo ancora la Rivoluzione Francese, non si può non giungere alla conclusione che avrebbe avuto luogo ugualmente, anche senza i grandi pensatori che tutti conosciamo, perché le idee illuministe sovrastavano con la loro pregnanza le singole individualità e soddisfacevano le richieste della maggioranza della popolazione. Sarebbe cambiato qualcosa se Marat avesse firmato i suoi interventi agli Stati Generali come Tex Willer ? Forse non sarebbe stato ucciso da Charlotte Corday e noi amanti dell’arte saremmo stati privati di un capolavoro di Jacques Louis David, ma la forza e la potenza degli ideali illuministi sarebbero rimasti inalterati e si sarebbero ugualmente propagati con la facilità estrema che li ha contraddistinti.
Che cosa significa, quindi, essere attendibili? In primo luogo, significa essere liberi. Significa essere consapevoli di questa libertà ed utilizzarla con cognizione. Significa servirsi degli spazi appositi per esporre le proprie idee. E la rete è l’odierno luogo d’elezione della libertà e della circolazione delle idee. Significa, inoltre, avere rispetto per chi legge, fornendogli tutti gli strumenti necessari per esercitare il proprio senso critico, per valutare la validità delle proposte, per indirizzarlo verso la propria libertà, senza che si lasci condizionare da qualsiasi tipo di pressione. Chi gode di questa condizione mentale privilegiata, tuttavia, molto spesso è tenuto a proteggersi da detrattori ed etichette che possono essergli facilmente attribuite, ricorrendo all’unico strumento che la rete offre ancora: l’anonimato. La mancanza di un nome, quindi, non inficia la validità delle idee, ma, al contrario, la rafforza, perché diviene sinonimo di libertà assoluta da parte di chi scrive ed anche di rispetto per qualsiasi opinione critica formulata dal lettore. Non si può, dunque, considerare “codardo”chi ricorre ad uno pseudonimo, dal momento che, in ultima analisi, risulta essere quasi più responsabilizzato di chi si firma. Responsabilizzato non da un credo politico o da un orientamento religioso, ma da un insieme di valori dietro cui ci si trincera spesso, ma che sono calpestati con sempre maggiore noncuranza.