5005363681_364c5b2fa4_b (1) A mente riposata, dopo una nottata di sonno ristoratore, torno anche stamattina sul tema affrontato nel post precedente (Il saggio naufragio). Dopo una bella dormita, si ragiona meglio. Almeno così si dice. Dunque, ecco come sono andate ieri pomeriggio le cose a San Michele.
L’apertura dei lavori è stata affidata all’ormai classica introduzione dell’assessore all’Agricoltura e Turismo Mellarini. Un’inutile predica, la sua, tutta tesa a tranquillizzare gli enti ed le organizzazioni del vino trentino. Nella (nuova?) visione dell’assessore tutti manterranno i rispettivi ruoli. Poi, in un futuro indefinito, abbiamo capito che ci sarà il tempo per tutti i confronti che saranno necessari; utilizzando la leva della concertazione ed anticipando uno sforzo promozionale in favore di un Pinot Grigio tutto trentino da rilanciare sul mercato internazionale (giuro, ho sentito bene). Ma, ha assicurato l’assessore, ci sarà spazio anche per altri prodotti. Bene, dopo aver accontentato tutti, l’intemerata del Mella è finita qui. Poi è  stata la volta di una faticosa ed a tratti affaticata relazione del professor Attilio  Scienza sulle “proposte strategiche per la produzione del vino trentino“. Il dettaglio lo rinvio ai prossimi giorni, perché merita una riflessione a parte. Per ora basta dire che salutiamo con piacere (e sconcerto) l’aggregazione del professore al drappello dei biologici e biodinamici, letteralmente fulminato sulla via di una BioDamasco trentina. Pur senza abiurare alla storica scelta istituzionale della lotta integrata, che resta centrale. Il resto puzza di melensa minestra riscaldata e di marketing (concorso enologico fatto in casa, marchio di qualità, degustazioni, luoghi di comunicazione e via di seguito). C’è qualcosa di positivo, ovviamente. Però si perde dentro autentiche amenità; come definire altrimenti la pensata di un’alleanza tra aziende zootecniche e viticole attraverso la produzione e l’utilizzo di letame di sicura origine… per approdare ad una viticoltura sostenibile… . Mah! Se ad una strategia manca una visione, un’analisi coraggiosa e chiari obiettivi, si rischia di finire nel letamaio.

Le proposte strategiche per la promozione, invece, sono state illustrate da Christian Scrinzi, che non ha nascosto le difficoltà incontrate da lui e dai colleghi della seconda Commissione, quella del marketing appunto. Anche qui converrà tornarci su con calma, perché se per la produzione si ipotizza l’istituzione di un Servizio di enologia applicata  a cui affidare la regia di attività e servizi tecnici (cosa già vista), per la promozione si parla più genericamente di costituire una struttura consortile operativa da affiancare (?) al Consorzio Vini. Il tutto ovviamente nel rispetto dei ruoli anche degli altri numerosi aventi causa.
A comprova dello strabismo delle due Commissioni, Scrinzi si è lanciato, suo  malgrado, su classici temi che attengono alla produzione, come il recupero delle terrazze vitate delle zone marginali, incentivando la presenza dei giovani con introduzione di varietà resistenti e quant’altro. Giunto al Pinot Grigio, non ha retto, affermando che non avrebbe detto nulla, riservando le sue opinioni alla fase del dibattito. Dibattito che però non c’è stato.
A dire il vero, la parola è stata pur data all’aulico presidente del Consorzio Vini, Elvio Fronza che, dopo aver ricordato a tutti che l’incarico della tutela e della valorizzazione è per legge in capo al suo Consorzio, non avrebbe disdegnato un inserimento del suo personale in strutture esistenti, o in qualcosa da creare ex novo.
Prima della chiusura affidata di nuovo a Mellarini, ha preso la parola anche il vice presidente dell’ente camerale (e presidente della Coldiretti trentina e vice presidente della FEM)  Gabriele Calliari, per dire che la CCIAA resterà soggetto terzo, superiore alle parti, che continuerà a fare ciò che deve, e per dire anche di non capire la ragione per la quale si ipotizzi un Ufficio promozione vino da affidare alla Trentino Marketing.
Insomma, cari lettori, a questo punto, come ieri sera, torno a ridare la parola a mio nonno, che in situazioni analoghe diceva: “no sem né fodradi, né embastidi”. (Trad. per i puri: non siamo né foderati, né imbastiti; dicesi di situazione che non regge, come di un abito tutto ancora da impostare).