ma per piacereDunque, a margine della Mostra Vini del Trentino, la più alta istituzione culturale trentina di settore, la Confraternita della Vite e del Vino, ha organizzato un paio di cose piuttosto conformate, per non dire conformistiche, per non dire irregimentate. Una Selezione enologica – non un concorso –  improntata all’etereo criterio della piacevolezza di eterogenei vini prodotti da eterogenee uve trentine e una tavola rotonda che, venerdì pomeriggio alle 15 al Buonconsiglio, anticiperà l’apertura della Mostra. A dispetto della tematizzazione interrogativa e piuttosto intrigante, “Trentino fa ancora rima con vino?”, lo svolgimento annunciato induce irrimediabilmente ad un’aprioristica perplessità. A discettare circa le presunte (o inesistenti) rime enologiche trentine, sono stati chiamati un autorevolissimo giornalista enogastronomico romano e due celebri buyer internazionali;  uno esperto del mercato inglese e l’altro espertissimo dei mercati russo – cinesi. Qualcosa che assomiglia all’osservazione del buco del culo di una formica, a partire dalla piattaforma volante di Marte. E pure senza occhiali. La Selezione enologica, i cui risultati finali saranno resi pubblici dopodomani – le degustazioni invece si sono svolte martedì -, si è giocata su un panel di 76 campioni liberamente forniti da 33 cantine. Quasi la metà di questi appartenenti alla Doc champagnista del TRENTO, il resto alle riserve indiane degli autoctoni (ma non tutte): Teroldego, Marzemino,  Enantio, Schiava e  Nosiola.  Interessante. Interessante. Interessante. Anzi, eccitante.

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