francco zilianiCaro Franco (Ziliani), ogni tanto mi chiedo se ci sei, se ci fai o se ci prendi tutti per il culo. Conoscendoti appena un poco, propendo naturalmente per la terza ipotesi. E mi pare di vederti, di là dal monitor, mentre ti rotoli per le risate, osservando che effetto fanno su noi poveri trentini e trentoni i tuoi post acuminati.
Ho letto l’altro giorno le tue cronache milanesi sul Franciacorta da Expo. E ho letto delle tue spigolose perplessità, nell’apprendere, durante la conferenza stampa di lunedì, che il TRENTODOC non aveva nemmeno partecipato al bando per aggiudicarsi il ruolo di sparkling sponsor per l’esposizione universale milanese. Mentre, al contrario, alla gara aveva partecipato l’azionista di maggioranza della denominazione (Ferrari – Lunelli).
E leggo delle tue domande, che si accompagnano alle perplessità di un uomo che ostinatamente sembra non voler scendere dal pero. Eppure tu il Trentino, le sue dinamiche, i suoi attori, le sue piccinerie e le sue grandezze li conosci molto bene e anche meglio di me. E hai cominciato a raccontarne molto prima di me.
E allora penso che tu sia solo un maledetto provocatore. E mi par di vederti, lì fra le tue stanze bergamasche, mentre te la ridi a crepapelle. Comunque, dai, provo a farti un ripasso. Magari giova. A te e a qualcun altro.
In Trentino non esiste un consorzio del TRENTO. Esiste invece un Istituto del TRENTO DOC. Bada: TRENTO DOC non TRENTODOC, cosa che non si sa bene né cosa sia ne a chi appartenga né chi se ne possa fregiare. Comunque un Istituto c’è. Ma gli Istituti sono Istituti, non sono Consorzi. E le parole sono importanti. E infatti questo Istituto, che non è un consorzio, dipende però, in tutto e per tutto, da un Consorzio: Consorzio Vini del Trentino. Quello che è certo è che entrambi esistono. Poi, tutto il resto, invece, appartiene, all’orizzonte della leggenda e dell’iperuranio.
Le politiche del vino, in Trentino, non passano attraverso le decisioni e le scelte di questi soggetti, chiamati eventualmente a ratificare scelte e decisioni adottate altrove. E’ naturale e perfino legittimo sia così: i consorzi e i loro prolungamenti sono strumenti di territorio e di condivisione. Il vino trentino, però, non è un vino di territorio. Ma è piuttosto il prodotto manifatturiero, talvolta di alto livello, di grandi brand aziendali. Cooperativi e non. Ed è qui che si colloca la regia della politica industriale del vino trentino. Non altrove. Un altrove che, semmai, ha il compito di tradurre in egemonia, rispetto ai piccoli produttori, le strategie adottate dai vertici industriali. Cooperativi e non cooperativi. E il compito, come spesso mi capita di percepire, di fornire una comoda copertura politica ai politici. Affamati di comunicati stampa, di vernissage, di nastri da tagliare e di aperitivi bollicinosi durante i quali sfoderare il consueto sguardo inebetito.
E allora, caro Franco, perché lasciarsi perplimere dalla mancata partecipazione del TRENTO al bando di gara dell’Expo. E perché annotare con perplessità la partecipazione del socio di maggioranza della denominazione? E’ tutto scritto nel DNA del vino trentino. Era tutto già scritto nel DNA del vino trentino. Anche le assenze e le presenze alla vetrina dell’Expo.
E ora, caro Franco, scendi dal pero. O piantala di ridere di noi. Oppure, ridiamo insieme. Magari abbracciati. Magari ubriachi per la nuova alba greca. TRENTO not included.