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L’assessore all’Industria Alessandro Olivi, promette una valangata di soldi (i soliti 9 milioni di euro) a Casa Girelli, apparato industriale della galassia La-Vis.
E’ questa la strada giusta per affrontare il tema doloroso della coop lavisana? Olivi, giustamente da assessore all’Industria e al comando di Trentino Sviluppo, fa il suo mestiere: rassicura il sindacato e prova a tutelare i livelli occupazionali.

Ma siamo sicuri che curare Casa Girelli sia la strada giusta per il Trentino vitivinicolo? Girelli è una centrale industriale del vino italiano. Girelli è una grande azienda di imbottigliamento e di commercializzazione di marchi nazionali (un tempo in salute ora non so, perché è così difficile capire cosa ci sia di buono e di meno buono sulla nave lavisana). Fatti i dovuti paragoni Girelli è come Schenk Italia per l’Alto Adige: ininfluente sul piano delle politiche e dei protagonismi territoriali. Fosse collocata a Palermo o ad Aosta, non cambierebbe molto.
Nell’universo lavisano c’è invece un’azienda squisitamente territoriale e territorializzata: si chiama Cesarini Sforza. E’ leader nazionale nella produzione del cosiddetto Charmat Lungo da uve Chardonnay di origine trentina (oltre a produrre ottime bottiglie di metodo classico). E’ un’azienda squisitamente trentina, sia per origine, che per carattere, che per produzione. E tuttavia, questa che è un’azienda con un forte impatto territoriale, sta per prendere – o ha già preso – la strada del Veneto.
Forse, se i soldi promessi da Olivi sono soldi veri, sarebbe meglio spenderli su Cesarini, anziché su Girelli.
Ne guadagnerebbe il Trentino. A meno che non si sia di fronte ad un escamotage escogitato furbescamente per tamponare i guasti della casa madre. Ma allora il discorso cambierebbe. E non varrebbe nemmeno la pena tirare in ballo i sentimenti territoriali