In tanti, a giudicare dal numero di email che ho ricevuto in questi giorni – e non tutte propriamente all’insegna di quella che si chiama cortesia -, si aspettavano che Trentino Wine assumesse una posizione diversa sulla faccenda della cosiddetta Superdoc delle Venezie. Insomma, molti si aspettavano, ed evidentemente sono rimasti così delusi da sentirsi traditi, che il blog si schierasse apertamente dalla parte dei vigneron trentini e friulani che in queste settimane hanno rialzato la testa, fino a minacciare azioni legali e cavillose per intralciare il percorso di riconoscimento della nuova doc industriale.
Per quel che mi riguarda, anche se questa non è l’opinione di tutto il collettivo del blog, ribadisco quello che ho già scritto un paio di settimane fa (qui e qui): sono convinto che la nuova doc, tenuto conto del contesto in cui si muove, dei rapporti di forza in campo e dei valori (soldi) in gioco, sia un fatto positivo. O meglio, sia un opportunità. Inoltre, finalmente, questo passaggio chiarisce quello che tutti sapevano: il vino industriale – perché di questo si parla, e non sto dando giudizi valore – esiste e produce reddito e valore. Lo sapevamo già, Trentino Wine lo scrive da tanto tempo. Ma quasi nessuno era disposto ad ammetterlo apertamente, preferendo, chi per una ragione chi per l’altra, bendarsi gli occhi. E così, tanto per dire e per restare nel nostro piccolo (Trentino), per anni si sono infinocchiati i viticoltori cooperativi, inducendoli a coltivare uve Trentino Doc, che al termine del processo di trasformazione assumevano miracolosamente il vestito della IGT (delle Venezie). Illudendoli che le loro uve fossero remunerate dalla DOC Trentino. Tanto per dirne una.
Ora le cose sono cambiate. Il modello industrialista, che produce reddito attraverso l’export e, non dimentichiamolo, lo distribuisce sul territorio ai viticoltori, si è dato una forma trasparente, strutturata e senza infingimenti – doc, fascette di stato, produzione orientata ai bisogni del mercato, definizione di uno standard da export -. Glielo ha imposto la ferocia che non fa sconti del mercato globale massificato. Può piacere o non piacere questo Pinot Grigio: ma l’operazione è legittima. E dico anche: opportuna. Perché libera, secondo me, enormi spazi ai territori e ai disciplinari locali. Per evitare equivoci – e ulteriori ingiurie -, cerco di spiegarmi meglio, senza entrare nel merito della situazione friulana (che secondo me, ci scommetterei, è destinata a chiarirsi rapidamente dopo l’approvazione della nuova Doc Friuli) e limitandomi al solo Trentino.
La superdoc pinotgrigista certifica la divaricazione irrimediabile fra vini industriali e vini territoriali e per questo apre uno spazio di agibilità politica, che richiama alle loro responsabilità, ma anche alla loro creatività, tutti gli attori territorialisti, i vigneron privati e quelli cooperativi. Si apre, per loro, una nuova stagione a cui dovranno offrire contenuti nuovi. Dovranno essere loro a dimostrare di saper interpretare questo spazio e ad agirlo positivamente. E’ lo spazio che allude alla riforma radicale del disciplinare della DOC Trentino. Almeno di quella. Una riforma strutturale, che lavori sulle rese ettaro, sulle rese uva/vino, sulle altimetrie e sulle zonazioni. E si orienti verso i sistemi di garanzia e di controllo di una futura e possibile DOCG. Credo sia questa l’opportunità da cogliere, ora che l’incubo Pinot Grigio industriale si è smaterializato dalle denominazioni locali. Penso che questa sia la sfida, positiva, che si apre per gli attori territoriali, in cui includo anche le più volonterose coop di primo grado. Questa l’occasione per loro di proporsi come attori politico – sociali, a meno che non preferiscano, come temo, restare trincerati dentro l’inutile ridotta dell’opposizione pregiudiziale e ideologica. Questo sarebbe un cambio di passo importante, che tuttavia, me ne rendo conto, richiederebbe, questo sì, un mea culpa generoso e senza ipocrisie da parte di chi, gli oligopoli industriali che hanno militarizzato Consorzio Vini del Trentino, lo scorso anno impose l’inutile sfregio dei 150 q/ettaro al disciplinare Trentino Doc. Credo sia utile e ragionevole ripartire da qui. Credo sia possibile ripartire da qui.
Giornalista e blogger con uno sguardo curioso, e a volte provocatorio, verso la politiche agricole; appassionato di vino, animatore di degustazioni fra amici e di iniziative a sfondo enologico, è tra i fondatori di Skywine – Quaderni di Viticultura e di Trentino Wine. Territorialista, autoctonista e anche un po’ comunista. Insomma contiene moltitudini e non se ne dispiace!
Lison – Pramaggiore:
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Grave
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la proposta di revisione del disciplinare mi sembra interessante.
magari si potrebbe partire dal disciplinare della Grave friulana (13 T) o da quello del Collio (11 T).
Collio
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Tutti a discutere su qualità sì o qualità no… Ma forse la cosa più importante da sottolineare è la seguente: finalmente il PG avrà la fascetta!!!! Ma sapete che cosa vuol dire questa introduzione???
Certo che lo so. Questo è un passaggio fondamentale a garanzia del consumatore e anche del produttore.
Complimenti all autore: dopo anni di polemica sul pinot grigio, ha capitolato anche lui e ha fatto armi e bagagli. I voltagabbana spuntano come funghi.
Io invece trovo questa impostazione molto ragionevole e coraggiosa.
Complimenti.
@Zorro: mi spiace che questa sia la tua lettura. Chiaro che ciascuno legge con i propri occhiali, quindi è lecita anche la tua interpretazione. Ma, personalmente, cerco di individuare via praticabili e ragionevoli. E questa, visti i rapporti di forza in campo, mi sembra la sola via praticabile. Tu ne hai in mente un altra? Pensi sia di qualche utilità schierarsi contro una locomotiva da venti mila ettari? Pensi che ci sia qualche chance di uscirne vivi e ancora vegeti? Io penso di no e per questo, senza essere innamorato del pg da export, penso che sia utile lavorare su ciò che resta, sulle marginalità.
L'opposizione ideologica di chi lavora e vive di territorio e reputazione territoriale è in fondo sana e comprensibile.
Ciò detto condivido la riflessione ma purtroppo, come chiarito nell'ultimo passaggio, l'opportunità di qualificazione della DOC Trentino apertasi con l'adesione alla DOC Interregionale non è stata colta. Anzi, al contrario, si è deciso contestualmente anche di aumentare le rese della DOC Trentino.
I Vignaioli, pur confermando la contrarietà alla DOC Interregionale (e senza minacciare cavillosi ricorsi), avevano chiesto in seno al Consorzio proprio questo, di sfruttare "l'occasione" per qualificare la DOC Trentino. Il Consorzio ha scelto invece la strada opposta, rinunciando ancora una volta a marcare la distinzione tra attività industriale (lecita e utile in chiave di produzione di reddito agricolo) e territoriale.
Ritengo quindi di difficile concretizzazione la prospettiva, valida, descritta nell'articolo.
Il percorso della modifica della Trentino, lo abbiamo seguito fin dall'inizio tutti e ce lo abbiamo presente. Ho parlato, infatti, di militarizzazione di cvt e di necessità di un'autocritica generosa.
Detto questo, ora sono cambiate le condizioni ed è cambiato il contesto. Lo spettro-incubo del pg si è dileguato in un altrove lontano. Ora non è più il tempo della trincea, ma è quello della guerra di movimento, ovvero della proposta aggressiva di un nuovo disciplinare della trentino. Hanno voglia, i vignaioli privati e collettivi, di misurarsi su questo terreno? Quello della compilazione di una proposta di disciplinare riformato e orientato alla docg? Perché non basta più rivendicare un ruolo e una funzione politica territoriale, bisogna anche agirla. Secondo me.
Pienamente d'accordo, ma la questione non può essere attribuita solo alla volontà dei Vignaioli. Sai meglio di me della militarizzazione del CVT e che il problema sta a monte, cioè nell'assetto della rappresentanza dei consorzi; dove chi ha meno interesse alla modifica della DOC (e alla distinzione tra attività territoriale e industriale) rappresenta da solo la stragrande maggioranza delle quote e dove gli attori di primo livello svolgono ormai quasi un mero ruolo di presenza. Da qui la richiesta dei Vignaioli, inascoltata, di un organo di indirizzo paritetico. Credo che la strada più praticabile per i Vignaioli, in un processo che date le condizioni del contesto non può che essere incrementale, sia quella di cominciare con l'adozione di un proprio disciplinare, nella speranza che poi la discussione possa ampliarsi alla modifica della DOC. Poca cosa dirà qualcuno, ma almeno di quasi certa agibilità.
Sono convinto, Luca, che sia una buona idea quella della redazione di un disciplinare alternativo. Da adottare, se possibile, unilateralmente da parte dei vignaioli, ma soprattutto per farlo diventare una piattaforma da cui cominciare a contrattare una revisione del disciplinare trentino doc, con il mondo cooperativo.
Perché da soli, i vignaioli del trentino, anche solo per ragioni di volumi, non credo riusciranno mai ad assumere una leadership territoriale, magari aumenteranno il valore intrinseco del loro brand aziendale e di quello collettivo di vignaioli, ma difficilmente riusciranno, da soli, ad assumere la leadership territoriale. Comunque grazie per essere intervenuto e aver portato il tuo contributo. Prezioso.
In ogni caso sarà un processo lungo quindi si credo che a noi spetterà rimboccarci le maniche. Intanto grazie a voi e a tutti quelli che amano più la nostra terra che il loro portafoglio, mantenete viva la speranza!
infatti su questo pg,ci sara scritto pg venezie doc con fascetta di stato. Ora spetta al trentino dei territori ristrutturarsi seriamente trovando una strada autonoma, anche dall' aa., ma deve essere la sua strada. e credo che anche i giovani come te possano dare un contributo.
Sono completamente d'accordo! Il vino industriale in trentino rappresenta un enorme fetta, con o senza superdoc. Dobbiamo prenderne atto e investire nella differenziazione tra vino di territorio e vino industriale. A mio parere, da studente di enologia e amante del mio territorio, sarà una gran fortuna se un giorno sul vino industriale non ci sarà più scritto trentino. Il pinot grigio porta reddito? Verissimo! Ma non porterà mai benifici d'immagine al territorio, i quali si sa, sono gli unici che rimarrano ai futuri abitanti della nostra amata terra. Abbiamo vicino a noi l, alto Adige che n è l'
e vai di varietali di dubbie interpretazioni enologiche.
il trentino purtroppo si è strutturato attorno alla sistemistica varietale tedesca…e non è facile tornare al territorio…non è facile…
ma almeno valorizzarlo senza volgarizzarlo e ritrovarsi litri di pinot grigio uguale dappertutto?
Non credo sia facile, trovare il modo per valorizzare 20 mila ettari di pinot grigio, piu o meno 300 milioni di bottiglie, fuori dal circuito industriale standardizzato. Penso piuttosto che valga la pena concentrarsi sulle marginalita da affidare ad una seria riforma, ma seria, dei disciplinari locali (trentino)
credi sia più facile avviare un processo di riforma all'interno delle (stra) chiuse disciplinari locali?
Raphael Filosi mi pare realisticamente l'unica…possibilità.. non credo qualcuno abbia la forza per fermare l'industria dei 20 mila ettarai. credo invece, anche se so che non sara facile convincere i padroni del vapore, lavorare sulla doc locale magari immaginandone un evoluzione verso il sistema docg. Mi pare una strada verosimilmente piu percorribile.
valorizzarlo appunto, siamo ad un punto di svolta del mercato ammazzarlo (nuovamente) ci renderebbe ubriachi di bianco scadente (che forse lo siamo già)
non sarà facile convinete i padroni (oligopolisti cooperativi)…ma questa potrebbe essere una strada. L'altra temo sia una battaglia contro i mulini a vento.