Finalmente la Schiava è arrivata . Dopo avergliela chiesta, ieri uno dei miei spacciatori preferiti me l’ha fatta trovare: Schiava Valdadige DOP – Cantina Mori Colli Zugna. Da un po’ di tempo mi sono appassionato a questo vino; così mi pare di poter descrivere la DOP Valdadige: un bel colore rosato intenso e luminoso, un naso fresco con sentori di fruttini rossi appena accennati. schiava valdadigeIn bocca è croccante, di una fragrante freschezza giovanile, quasi innocente; pur senza velleità si fa portatore di un beva completa e avviluppante, con un buon equilibrio acido, che lo preserva da certe amarezze finali che a volte allontanano da questi vini. Insomma, mi piace. E poi ne puoi bere a volontà, si fa per dire, perché ha un tenere alcolico di 11,5 gradi. Insomma, gliela si può fare anche a finire la bottiglia.

Ma a parte questo, ieri sera mi sono divertito ad osservare le reazioni degli avventori messi di fronte alla Schiava. Tutti la hanno snobbata: nessuno ha voluto assaggiarla. Chi, i più giovani, perché non la conosceva e non si fidava, chi perché poco avvezzo a questi colori, chi, i più anziani, perché ricordava loro il vino povero dei tempi della povertà. Insomma la Schiava me la sono bevuta io. Da solo. Il mio spacciatore non deve essere rimasto entusiasta. E non credo si cimenterà in un secondo approvigionamento, dopo questo deludente test

Eppure, fino a qualche decennio fa la Schiava, nelle sue tre varianti, era l’uva più diffusa fra i vigneti del Trentino. E le bottiglie, anche di qualità, giravano. Poi è capitato qualcosa: la Schiava è sparita. Se ne sono perdute le tracce. Mentre nel resto d’Italia i vini rosati stanno correndo a più non posso – dalla Puglia alla clamorosa impennnata dei bardolinisti -, il sipario sembra calato inesorabilmente sul rosato più territoriale del Trentino. In silenzio. Il silenzio dell’innocenza.