In occasione della festa del papà Sabato 19 Marzo 2016 Pietro Pancheri, titolare dell’Azienda Agricola Laste Rosse di Romallo, ha presentato il nuovo nato della famiglia il “Laste Rosse Metodo Classico Brut”.

Trattasi di uno spumante Metodo Classico, un blanc de noirs da uve Groppello provenienti dalla 3° sponda del Lago di Santa Giustina, 36 mesi sui lieviti, annata 2012, primo tiraggio 300 bottiglie circa, bottiglia più bottiglia meno.

Ma prima di parlarvi del Brut e delle sue caratteristiche organolettiche, vale la pena spendere due parole su questa famiglia di imprenditori.

Si sa che i “nonesi” hanno nel loro DNA uno spirito imprenditoriale e fiuto per gli affari. Molto legati al proprio territorio ma altrettanto attenti all’aspetto commerciale. E qui forse ha giocato anche le origini venete di Silvia Tadiello, moglie e tecnico della Famiglia Pancheri.

Questa cordiale e ospitale famiglia (composta da Pietro il capostipite, sua sorella Luisa, la moglie Silvia e la nonna Candida) risiede nel cuore della Val di Non patria indiscussa della melicoltura Italiana, in cui l’intera valle è un unico immenso campo di mele che tra qualche settimana ci regalerà uno spettacolo unico nel suo genere: un’immensa vallata di fiori bianchi. Ma la famiglia Pancheri, anch’essa frutticoltrice in origine, da qualche ha ha voluto rischiare e investire in un progetto alquanto “fuori dalle righe” per questo territorio, ovvero espiantare meleto per dar spazio al vigneto.

Pietro dal 1997 prende in mano le redini della famiglia; nel 2001 decisero di dar spazio ad un vecchio vigneto di famiglia (vicino al canyon del Rio Novella) coltivato appunto a Groppello. Nel 2004 nasce “Laste Rosse” e negli anni successivi la famiglia decide di acquistare alcuni campi, espiantare i redditizi meleti per far crescere altri vigneti. Un rischio imprenditoriale ma guidato dall’entusiasmo, dalla passione e dalla voglia di recuperare storia e tradizione della Val di Non. “Quello che ricaviamo dalle mele lo reinvestiamo in uva”, afferma con serenità ed orgoglio Silvia. Il Groppello di Revò è infatti una varietà autoctona della val di Non, pressoché scomparsa per lasciar spazio alle mele. Geneticamente questa varietà risulta imparentata con le varietà dei Groppelli Gardesani, ma risulta unica per le sue caratteristiche organolettiche.

E sono proprio queste le caratteristiche che, durante una chiacchierata tra amici e un bicchiere di groppello, che Pietro e l’amico (nonché consulente della famiglia) l’enologo Walter Webber, discutono sulla possibilità di sfruttare l’acidità varietale per la spumantizzazione. Quattro anni fa nacque la base spumante di questo Metodo Classico, 100% uve groppello, raccolte manualmente (e lo dimostrano l’ubicazione dei vigneti, tutt’altro che comodi) a fine ottobre, vinificate in bianco e messe a rifermentare in bottiglie con un successivo affinamento sui lieviti di oltre 36 mesi. Una produzione limitatissima, 300 bottiglie o poco più che nella successiva vendemmia sono diventate già 1000. Una produzione limitatissima da uve con una resa ettaro irrisoria, si parla di 50- 60 quintali ettaro.

L’intera filiera produttiva è effettuata in cantina, con tecnologia all’avanguardia dimensionata per le piccole produzioni: pressa pneumatica, serbatoi in acciaio di piccole capacità e barriques in rovere francese per l’affinamento dei vini. La cantina ovviamente produce vino groppello in purezza in 2 diverse versioni di affinamento in legno e Gewürztraminer.

Ma ora passiamo al Metodo Classico:

giallo paglierino con qualche riflesso dorato, perlage fine, bollicine non molto numerose (forse dipende dal bicchiere), sottili catenelle che si aprono a rosa sulla superficie. Profumo pulito senza sbavature, abbastanza intenso, si colgono note di frutta matura (polpa di mela, pesca polpa bianca), crosta di pane fresco, frutta secca (mandorla, mela essiccata) e qualche nota floreale in secondo piano. In bocca è secco ma morbido, entra con delicatezza, si apre elegante scende morbido e ricco e con una certa sapidità. Abbastanza persistente, sicuramente equilibrato e con chiusura pulita ma leggermente ammandorlata.

La famiglia lo ha servito accompagnato con alcuni salumi tipici quali la “mortandela della Val di Non”, lo speck, la pancetta affumicata e sorpresa, delle ottime foglie di salvia in pastella e fritte; pane di pasta madre casalingo. Un abbinamento veramente azzeccato la salvia e il groppello spumante: la persistenza del brut segue quella aromatica della salvia e la sua freschezza delicata (ha fatto la malolattica) pulisce bene la bocca dalla pastella. Insomma, un Brut nuovo, intrigante e piacevolissimo da bere.

Che altro dirvi… passate a trovare la famiglia Pancheri, per conoscere la loro storia, visitare una produzione artigianale (circa 4000 bottiglie in totale), in cui tutta la famiglia collabora e soprattutto dei vigneti baciati dal sole in un luogo inaspettato.