Se anche un giornalista come C.B., di solito così pericolosamente inclinato all’entusiasmo, ieri sul quotidiano TRENTINO scriveva:

Apertura sottotono per la 79ª edizione della Mostra dei Vini del Trentino. Passati i tempi delle grandi cerimonie di inaugurazione presenti autorità ed esperti, che erano momenti per fare il punto sul settore vitivinicolo, complice secondo la Camera di Commercio anche la location piuttosto ristretta di Palazzo Roccabruna si è scelto di non fare nessun momento inaugurale, ma non solo … [continua a leggere]

forse, dico forse, qualche problema c’è. Ed è il problema di una “cosa” (MOSTRA VINI DEL TRENITNO)  che non si sa bene cosa sia. E a che cosa serva.  Un oggetto non identificato che volendo stare a metà fra un Festival del Vino e una Mostra del Vino, alla fine non sta da nessuna parte. E non serve ad alcuno. Se non a chi stampa brochure e coupon colorati. Del resto le immagini scattate oggi pomeriggio a Palazzo Roccabruna dal mio agente all’Avana, raccontano proprio questo.

E’ sempre il collega C.B. dopo poche righe, riacquistato l’entusiastico slancio istituzionalenoico, ad informarci che

Novità positiva è la presenza in mostra di ben 12 operatori del settore vino esteri, tour organizzato da una giornalista specializzata nel comparto: uno proviene dagli Stati Uniti e due da Hong Kong …

E anche qui, perdonatemi, ma mi chiedo: il vino trentino da Mostra, quello descrittivo, quello testimonial del territorio, quello dei vignaioli individuali e collettivi, ha davvero bisogno di essere esportato ad Hong Kong e negli States? Ad occhio e croce, ma sono sicuro di non sbagliare di tanto, stiamo parlando di dieci milioni di bottiglie: siamo sicuri che lo sbocco naturale, e conveniente, siano quei paesi lontani, dove il racconto del territorio, fra un’intermediazione e l’altra, si sarà smarrito ancora prima di arrivare?  Ne siamo proprio sicuri? Ma davvero non siamo capaci di vendere 10 milioni di bottiglie di vino territoriale alle milionate di turisti che attraversano ogni anno il Trentino? Davvero non siamo capaci di collocarle in un bacino commerciale che stia fra Firenze e Monaco di Baviera? Non sarebbe stato più intelligente invitare Andrea Gori, anziché il commerciale di Hong Kong? Dico Andrea Gori per dire di un bravo enotecaro italiano. Ma potrei citarne a decine, altrettanto bravi come l’oste di fiorentino e altrettanto appassionati di vini territoriali. No, si è scelto di fingere di far raccontare il Trentino da quelli di Hong Kong e di Seattle.

Oppure gli importatori e gli intermediari american-asiatici sono utili agli oligopolisti che producono i cento milioni di bottiglie? E allora, davvero, mi chiedo:  Mostra Vini del Trentino a chi è utile? Al territorio e ai suoi descrittori identitari o agli industriali del vino merce? Ma quelli, almeno alcuni di loro, non si erano già arrangiati da soli con Alibabà?