Caro Cosimo, capisco la tua provocazione, ma non credo proprio che qualcuno abbocchi. Mi meraviglierei del contrario.
Scrivi che la fortezza Bastiani è in fermento, ma i tartari non si vedono: proprio così. Ma sappiamo, con Buzzati, che ci sono e questo induce a mantenere l’allerta.
Mi è piaciuto che tu abbia ricordato la nostra provocazione di un paio d’anni fa con Anteprima Vino Trentino, organizzata bene e con pochi soldi per dimostrare che se si vuole, si può. Con un po’ di buona volontà. Ecco, è la volontà che è mancata là dove sappiamo, per cui il nostro sollecito è caduto nel vuoto e forse non erano ancora maturi i tempi.
Mi sembra sempre di stare in stazione a vedere i treni che passano e non passa mai quello giusto. Aumenta l’impazienza, si è tentati di tornare a casa invece di aspettare ancora quello giusto.
Ti chiedi poi chi mai rappresentiamo? Nessuno in particolare (e di questi tempi è una medaglia), non abbiamo mandato alcuno, solo qualche idea e la voglia di dar voce alle diverse voci che per svariati motivi (molti giustificati dalla situazione) si sentono in giro, ascoltando. Vero è che se te ne stai chiuso nel Palazzo non senti e ti sta bene così, ma se solo apri una finestra, l’aria fresca t’investe e ti puoi ossigenare. Infatti, girando fra produttori e cantine le voci si sentono, le hai sentite anche tu, meglio di  me, si capiscono, si devono capire.
La situazione che ci capita di vivere è andata sviluppandosi o avviluppandosi a seconda dei punti di vista, in un certo modo. Con luci ed ombre, con le luci che stanno spesso in ombra e allora bisogna intendersi: sono luci ancora accese, ma nascoste, o si è fatto buio pesto?
Io un lumicino lo intravvedo, da qui il mio ottimismo. La riprova è che nei due mondi che costituiscono il sistema vitivinicolo trentino, non si sta dormendo, anzi. Nel mondo cooperativo è in corso un dialogo che ha già prodotto i primi risultati (buoni o cattivi, staremo a vedere), mentre nell’altro mondo dei produttori singoli (Vignaioli), pur continuando a stare sull’Aventino, si aspetta di vedere se le Cantine di primo grado saranno capaci di darsi un progetto territoriale che possa interessare anche a loro.
Un po’ poco, dirai, in pratica siamo fermi a diversi anni fa! Invece no, anni fa non c’era dialogo nemmeno fra categorie omogenee, mentre ora le cose si sono messe in moto e qualcosa sta bollendo nel pentolone. Oddio, è un minestrone di diversi ingredienti che attende il giusto punto di cottura prima di essere dato in assaggio.
Fuor di metafora, credo che le settimane prossime daranno le prime indicazioni per cui si capirà meglio quali spazi si possono dischiudere per una eventuale progettualità.
Per finire, l’ultima delle preoccupazioni di un qualsiasi progetto di rilancio è la sorte della Mostra Vini: da quando è stata sfilata dalle mani degli espositori e data in mano alle istituzioni, ha perso centralità a monte e a valle. Non incide, cioè, né sui produttori-espositori (che si sentono liberi di non partecipare), né sul trade (negozianti e ristoratori, liberi anche loro di seguire le loro dinamiche), né sui consumatori, visto che snobba perfino i 16 mila studenti universitari che pure affollano ogni giorno i loro bar di riferimento. E men che meno, la Mostra costituisce quel tavolo attorno al quale negli anni d’oro s’incontravano a primavera tutti i soggetti che avevano a cuore lo sviluppo del settore. Altri tempi, dirai.  Ora, anche alla Mostra non resta che aspettare decisioni che si prendono altrove, incrociando le dita. Come capita a noi…
Ciao, Angelo