Ad un giorno dalla pubblica audizione di Verona, ieri, che ha sostanzialmente dato il via libera alla bozza di disciplinare della Doc delle Venezie per il Pinot Grigio e a meno di due giorni dalla seduta, prevista per venerdì a Roma, del Comitato Nazionale che dovrà dire il sì (o no) definitivo al documento, credo si possano abbozzare alcune considerazioni interpretative; anche perché se tutto va come si augura l’ATI che ha messo in moto tutto questo ambaradàn, il prossimo 15 novembre la riforma potrebbe già Selezione_266essere a regime. E la sintesi, a mio parere,  è che il nuovo Pinot Grigio delle Venezie DOC, almeno sulla carta, si pone nettamente al di sopra del sistema di garanzia di qualità delle IGT in essere, su cui fino ad ora transitava quasi tutto il P.G. del Nord – Est: nel 2015, per esempio, su un totale imbottigliato pari a 1 milione e settecento mila ettolitri, 1 milione 357 mila ettolitri indossavano il vestito delle IGT, prevalentemente delle Venezie (vedi tabella), su cui confluiva anche buona parte di P.G. trentino. 

Perché sostengo questo? Semplicemente perché, la nuova superdoc (delle Venezie) si candida ad assorbire tutto il Pinot Grigio oggi spalmato sulle numerose IGT del triveneto dalle quali, una volta a regime, sarà espunto almeno come indicazione varietale (con la sola eccezione del Vigneti delle Dolomiti, che invece continuerà a contemplarlo). Il raffronto comparativo, quindi, per poter capire fino in fondo, e senza pregiudizi, la portata migliorativa di questa riforma industriale – perchè di un processo di ristrutturazione della filiera agroindustriale si tratta – credo vada fatto non rispetto alle DOC territoriali ma al vasto sistema IGT che fino ad oggi ha inglobato il fenomeno Pinot Grigio. E allora se la prospettiva è questa, la caratterizzazione positivamente innovativa della nuova DOC, mi pare percepibile. Tenendo conto, per esempio, delle misure di resa uva/ettaro e vino/uva, delle IGT nordestine (Vigneti delle Dolomiti compresa): 19,5 Tonnellate ettaro di uva (la nuova DOC prevede 18 ton.) e 80% il rapporto vino/uva (la nuova DOC prevede il 70%). Così le caratteristiche organolettiche del Pinot Grigio IGT delle Venezie, per esempio, dovevano rispondere questi requisiti minimi: titolo alcolometrico volumico totale minimo: 9.00% vol.; acidità totale minima: 3.5 g/l; estratto non riduttore minimo: 13.0 g/l. La nuova Doc prevede parametri sensibilmente migliorativi: titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol; acidità totale minima: 4,5 g/l; estratto non riduttore minimo: 15,0g/l.

Vediamo ora alcuni dettagli emersi ieri a Verona. Intanto la caratteristica estratto secco minimo, aspetto che definisce il corpo del vino, è stata rinforzata e passa da 14 a 15 g/l. E’ stata esclusa, inoltre, la possibilità di tagli migliorativi (entro il 15 % ammesso) utilizzando i cosiddetti aromatici. Così come è stata esclusa definitivamente la tipologia Metodo Classico. Una questione su cui sembrava che fino a lunedì ci fosse invece l’accordo fra i produttori, ma che a Verona ha trovato la netta opposizione del Trentino, evidentemente preoccupato da un’eventuale concorrenza del P.G. con la sua DOC TRENTO.

Anche la questione delle rese ettaro è stata chiarita una volta per tutte. La resa massima (uva) per la DOC rivendicabile è rimasta ferma a 18 ton/ettaro. Che tradotto in vino significa 126 hl /ettaro. Una misura che se raffrontata con le attuali IGT del nord – est segnala una riduzione consistente (26 hl/ettaro).

Gli eventuali esuberi, stabiliti nel 20%, non potendo adire alla denominazione, non potranno che diventare Bianco (Tavola) o finire nelle tipologie “bianco” delle IGT territoriali. E’ rimasta ferma con qualche ritocco formale, l’opzione della cosiddetta “riserva vendemmiale”. Strumento che potrebbe rivelarsi utile soprattutto nell’incipit di questa nuova denominazione per far fronte alle turbolenze del mercato dovute a sottodimensionamento dell’offerta reale. Lo strumento rigoroso della fascettatura, così come è stato concepito, infatti, potrebbe rivelare grandi sorprese, almeno all’inizio, sui volumi reali dell’offerta, che fino ad oggi, si può ragionevolmente immaginare, sono stati alterati da prodotti taroccati. E la cronaca, anche di queste settimane, dimostra che la questione è tutt’altro che peregrina.

Sparito, infine, al termine dell’audizione pubblica di ieri il riferimento alla tipologia rosato, mentre è stato considerato ammissibile il colore ramato. Ma proprio sul rosato, colore di gran moda e in ascesa di mercato, secondo i bene informati non è detta l’ultima parola e venerdì da Roma potrebbe arrivare qualche sorpresa.