Walter Massa, istrionico, tiene banco nella serata FISAR Milano di venerdì 30 settembre. La serata, nella bella sala dell’hotel Andreola di Milano, comincia con lui che racconta di sé stesso, di come ha costruito un territorio, più che un vino. La degustazione parte con due vini base, base nel senso che non sono dei “cru”. Il primo è il Derthona Timorasso 2014, a seguire il 2012.

Parla Walter Massa: “Il vino è roba per ricchi (di testa)”. Il Timorasso è un’uva autoctona del tortonese che si era persa, per due motivi. Il primo è che, dalla fine della prima guerra mondiale in poi, si era affermato il vino rosso perché era più facile, con la tecnica enologica di allora, fare il vino rosso che non il vino bianco: il bianco si ossidava. La seconda è che nel tortonese il Timorasso veniva soppiantato, per ragioni di mercato, dal Cortese: quindi anche le poche uve atte a fare vino bianco non erano Timorasso.

Racconta, e racconta, Walter Massa. I parenti erano contrari, nel lontano 1987, ma qualcuno, lì a Tortona, gli dice che il Timorasso è il “vino migliore che c’è”. E così, quasi di nascosto, con la mamma come complice, decide di provare a recuperarlo, partendo con 400 viti e 560 bottiglie. E la indovina.

Dopo di lui, i produttori presentano i prodotti per gli stuzzichini che accompagneranno i vini nella serata. Sono il salame cucito e il salame cotto di Terre di Sarizzola e i formaggi (tra cui il Montebore) del caseificio Vallenostra.

E il vino? Ah, già, il vino. È da un pezzo nel bicchiere, quasi tutti lo hanno assaggiato, qualcuno lo ha già scolato. La mia vicina, assaggiatrice ONAV, mi chiede: “Scusa, è la prima volta che partecipo a una serata FISAR. Ma li illustrano i vini?” “Sì, certo. Tra un attimo”.
Il compito di illustrare i vini ce l’hanno Federico Latta e Lorena Lancia: quest’ultima, tra i finalisti per il titolo di “miglior sommelier d’Italia 2016”.

Il Derthona 2014 è di colore giallo paglierino, quasi dorato. Una buona mineralità, che ricorda il Riesling. Si colgono note di frutta matura, sentori floreali, agrumati. Ha un buon corpo e una freschezza che supporta bene l’alcolicità (13,3%).
Il 2012 ha una mineralità ancora più spiccata, con note di idrocarburo; ricorda ancora più da vicino il riesling del Nord Europa, quello renano o quello austriaco. Si sente di più la frutta tropicale e meno il fruttato. I sentori sono più definiti e più eleganti. È piacevole, di corpo, la facilità di beva è elevata. In bocca è meno sapido del 2014.

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Dopo i primi due vini introduttivi, si passa alla verticale del “Costa del vento”. Si tratta di “cru” di Timorasso del 2010, 2008, 2007, 2005.
Il 2010 è di colore paglierino tendente al dorato, più carico del 2012 che abbiamo appena assaggiato. Si notano dei riflessi verdi ancora. Permane il sentore di idrocarburi. L’intensità olfattiva è maggiore, si sente frutta tropicale, una sapidità più rotonda, miele amaro (castagno)
Non c’è più solo l’uva a costruire il vino, in questo caso ci sono l’uva e il tempo, dice Lorena Lancia. Il fatto che ci sia ancora un po’ verde nel colore ci dice che permane un po’ di freschezza.
Il 2008 sembra sappia di tappo, ma secondo Massa va bene così. Ci sono sentori di ananas, e l’alcol è ben presente.
Nel Timorasso del 2007 si sentono ancora il naso gli idrocarburi di aromi sono di frutta concentrata, albicocche secche; c’è ancora una nota aggrumata e sentori di miele. In quello del 2005 il colore è sempre più dorato. Il naso è più elegante, ci sono meno idrocarburi e i profumi sono più amalgamati. Sa di frutta matura, secca. I sapori sono molto persistenti.

Tra un vino e l’altro, Walter Massa è dilagante e strabordante, e infatti dilaga e straborda, incontenibile e incontenuto. Dilaga e divaga, Massa, seguirlo non è facile: si perde il filo; ogni tanto lo perde pure lui, poi lo riannoda, alle volte lo perde e basta. Illustra i suoi aforismi, parla di vino, di personaggi politici e non, della sua storia, delle gare di motociclismo, della spartizione dell’eredità con i cugini, di chi lo voleva scoraggiare e di chi lo ha ispirato, insomma di quel che gli capita a tiro.
Sento un po’ la mancanza del carisma e delle doti di leadership di Emiliano Marelli a fargli da contraltare; ma probabilmente anche lui, a tenerlo a bada, avrebbe visto i sorci verdi.
Certo, in alcune cose che dice Massa è facile ritrovarsi: “Quando arriva l’industria, ti spaccia il vitigno, perché non può vendere il territorio. Se vendo Barbera posso comprarlo dove voglio. Se vendo Gavi, devo comprarlo in quegli undici comuni, e nel comune di fronte, appena fuori, il Cortese vale la metà“: così, ha creato il marchio Derthona, dall’antico nome della città di Tortona, e ha riscattato un territorio vinicolo, quello tortonese, che tradizionalmente produceva vini di bassa qualità e basso prezzo. In quello che dice, in come si pone, c’è l’orgoglio di aver fatto qualcosa quasi dal nulla, le scelte di istinto, le guasconate.

Di fronte al suo dilagare, però, in parecchi mostrano segni di insofferenza. Tra questi la mia amica assaggiatrice, che su tutti i vini ha preso diligentemente appunti, ordinatissimi come non sono mai riuscito a prenderli in vita mia: le chiedo due o tre volte di passarmeli ma mi oppone un granitico rifiuto. Pazienza.

La Croatina è un’uva che è sempre stata un’uva da taglio, dà origine a un vino rosso tannico che Massa ha sicuramente nobilitato e, fino a un certo punto, addomesticato.
La Croatina 2008 è color rubino con un riflesso aranciato, aromi di frutta rossa matura (ciliegia, lampone maturo, ribes). Si affacciano note di ciliegie sotto spirito e di pepe. Il tannino è ben evidente.
Nel 2006 i sentori sono ancora di frutti rossi, ma più amalgamati; vi sono note di legno. È più equilibrato. In bocca, i termini sono più setosi e il corpo dà una sensazione leggermente polverosa.
Nella Croatina 2003 si fanno più forti i sentori di frutta sotto spirito (marasche). Emerge la canfora. Aumentano le note minerali, come di gesso.
La Croatina del 1999 è completamente diversa: si percepisce che è del secolo scorso. Si sentono profumi di caffè, marmellata, tabacco. È facile accostarla al marsala o al porto.

Guidando verso casa cerco un bilancio della serata. Lunga, strana, un po’ sfilacciata, quasi faticosa, da un lato; dall’altro, ho incontrato un personaggio unico, ho bevuto dell’ottimo vino e ho imparato qualcosa. Per questa sera, va bene così.