Non è per piaggeria a posteriori che scrivo queste due righe su Palazzo Roccabruna.
In passato, ma credo che succederà anche in futuro se le cose continueranno a marciare così, Trentino Wine ha polemizzato parecchio con l’Enoteca Provinciale. In particolare su due questioni, che ho sempre considerate fondamentali: l’apertura al pubblico – oggi ancora ristretta a tre pomeriggi settimanali –, che segnala la scelta esplicita di Camera di Commercio di non affrontare il tema della popolarizzazione dell’enologia territoriale; preferendo dialogare quasi esclusivamente con i cosiddetti intermediari professionali del vino, anziché aprire le porte quotidianamente ai consumatori, a cui offrire una mescita, per così dire, assistita e didattica. L’altro aspetto su cui il blog ha sempre espresso le sue riserve, riguarda invece la scelta dei vertici della Camera di Commercio di sottrarsi dal dibattito politico e culturale attorno al vino. Un’aporia di sistema, di cui posso capire le ragioni, ma che a mio avviso assomiglia ad un’occasione perduta. Anzi alla rinuncia complice ad una competenza che invece considero istituzionale e strutturalmente pertinente ad un’Enoteca Provinciale.
Le critiche, in passato, si sono sempre fermate qui. Perché, per tutto il resto, continuo a pensare che a Palazzo Roccabruna dimorino competenze e intelligenze non comuni. Prova ne è stata la degustazione organizzata venerdì scorso per la delegazione Fisar di Milano, invitata a Trento dal nostro blog. A questo link si possono leggere le note degustative redatte da Lorena Lancia, la miglior sommelier 2016 della Federazione Italiana Sommelier Albergatori e Ristoratori.
Ho dato di nuovo un’occhiata, anche poco fa, alla composizione dei 5 flight di degustazione; il primo, con cinque campioni, riservato alla Doc Trento e gli altri 4 alla Doc Trentino e Trentino Superiore: Nosiola – Marzemino – Teroldego – Vini dolci (Castel Beseno e Vino Santo). Le referenze, a mio parere, sono state individuate con cura, selezionate fra le produzioni più caratterizzate e i produttori più caratterizzanti, in modo da dare la rappresentazione di un Trentino complesso ma anche di un Trentino possibile, Sì, possibile. Perché quello rappresentato  venerdì non è il Trentino vitivinicolo di oggi (dominato fino al soffocamento dalla produzione di Pinot Grigio, Chardonnay e Mueller) ma è il Trentino che mi (ci) piace pensare. È il Trentino dei macro (micro) territori: La Rotaliana, la Valle dei Laghi, la Lagarina. E’ una rappresentazione perfettibile (dall’elenco mancano la Valle di Cembra con la sua appendice nel Caldaro e la TerradeiForti), ma è una rappresentazione verosimile, e ambiziosa, di come dovrebbe essere il Trentino enologico del futuro, la cui anima non può che radicarsi nelle esperienze vitivinicole territoriali. E nel Metodo (classico).
La degustazione di venerdì scorso ha dimostrato che questa consapevolezza, e anche questa visione, all’interno di Palazzo Roccabruna ci sono. Penso a Paolo Milani, che cura la comunicazione e le relazioni esterne, ai sommelier dell’Ais, che curano impeccabilmente il servizio, a Enrico Cattani che cura la regia della cantina, della carta vini e insomma dell’enoteca tutta. Uomini che mostrano e dimostrano di sapere dove deve, dovrebbe, andare l’enologia trentina. Ora all’appello, tuttavia, mancano i vertici politici del settore: Consorzio Vini, Assessorato all’Agricoltura e Camera di Commercio. E forse anche quelli tecnici, penso all’associazione degli enologi. Resto, restiamo, in attesa. Paziente. E pazientemente.