Recentemente è stato emanato il Protocollo di difesa integrata 2017. Va ricordato che il protocollo di produzione integrata ha come scopo la limitazione al minimo indispensabile dei fitofarmaci per ottenere la migliore qualità nel rispetto dell’ambiente, dell’agricoltore e del consumatore. La lista di fitofarmaci utilizzabili viene aggiornata ogni anno tenendo conto della linea guida nazionale per la difesa della vite, dei criteri di selezione del protocollo trentino (ad esempio le frasi di rischio e valutazione da parte dell’ISS) ma anche l’efficacia dei fitofarmaci nella annate trascorse.

Quest’anno, a dimostrazione della costante analisi svolta dalla commissione protocollo, vengono ridotti due principi attivi che nelle scorse annate hanno causato dei problemi, cioè Fluopicolide e Cyazofamid. Proprio per quest’ultimo fungicida, secondo uno studio effettuato dal Centro di ricerca di Laimburg (consultabile su Ostbau Weinbau 3/2017), si sarebbe selezionata una popolazione di Peronospora resistente e quindi in grado di arrecare gravi danni nonostante l’applicazione del fungicida nei tempi e nei modi corretti. Una prima conferma scientifica di ciò che già nella scorsa estate si sospettava. Il Trentino non era all’oscuro di questo fenomeno perchè già dagli anni ’90 vi sono stati cali di efficacia confermati i da analisi di laboratorio (Cimoxanil ad esempio). Il tema della resistenza ai fungicidi è fondamentale per una coltivazione delle piante profittevole nel tempo. Un gruppo di tecnici esperti delle multinazionali del settore, il FRAC, da diversi anni formula le linee guida per ridurre lo sviluppo di ceppi resistenti. Si nota come il rischio di selezione di questi ceppi dipende sia dal tipo di patogeno e dalla “famiglia chimica” del principio attivo, ma anche dal rischio agronomico. Non potendo modificare le piogge sopra i vigneti trentini diventa essenziale riuscire a ridurre il rischio agronomico attraverso una perfetta gestione del vigneto, con irrigazioni e concimazioni nei limiti, sfogliature ben eseguite, e tutto ciò che permette di ottenere una perfetta distribuzione dei fitofarmaci sulla vite.

Nel 2016 ci sono state gravi infezioni di peronospora in Trentino, di cui una causa molto importante è stata appunto la perdita di efficacia di Cyazofamid. Dai dati proposti alla “Presentazione prove sperimentali viticoltura e frutticoltura biologica” presso la FEM, la scorsa estate, si  è dedotto che nel 2016 i viticoltori che hanno utilizzato rame hanno avuto una percentuale di danno notevolmente inferiore e non problematica sul grappolo, anche in fondovalle sulle varietà sensibili come il Teroldego. L’utilizzo odierno del rame è ben diverso da quello dei nonni, ha il vantaggio di professionalizzare l’agricoltore perchè per utilizzarlo proficuamente è richiesta una conoscenza del ciclo vitale del patogeno, effettuare controlli di campo, osservare bene le previsioni meteo o magari un modello previsionale per la Peronospora, tenersi costantemente aggiornato sulle sperimentazioni e distribuirlo efficacemente sulla vegetazione perchè non è un “sistemico”. I “Bio” hanno un solo antiperonosporico, a dispetto di altri, e gli è richiesta una strategia d’intervento molto precisa e questo ha contribuito a fare la differenza. Inoltre il “Gruppo Bio” della FEM ha da diversi anni svolto numerose ricerche, momenti di incontro tecnico e servizi che hanno contribuito senza alcun dubbio ad aiutare gli agricoltori a difendere bene le coltivazioni. Il rame non va mitizzato e non va abusato, ma nel caso dell’annata 2016 permette di capire bene quali sono stati i problemi nella difesa antiperonosporica.

La reazione Trentina per il 2017 ai danni da Peronospora e alla perdita di efficacia di quel “sistemico” è stato l’inserimento di ulteriori principi attivi nel gruppo degli antiperonosporici utilizzabili: un prodotto di copertura, ovvero Dithianon, e un sistemico: il Metalaxyl M. Un principio attivo multisito come il Dithianon presenta un rischio molto basso di indurre resistenza nella Peronospora (è usato anche in frutticoltura per la ticchiolatura) però ha la frase di rischio H351: sospettato di provocare il cancro; proprio una della frasi di rischio che doveva escludere automaticamente un principio attivo dal protocollo. Agricoltori che lo conoscono riferiscono che può irritare la pelle, e a confermarlo c’è la frase di rischio H317. Purtroppo non è l’unico principio attivo utilizzabile che manifesta delle criticità. Ad esempio alcuni antioidici della famiglia degli I.B.E e lo Spirotetramat che presentano la H361d: sospettato di nuocere alla fertilità – sospettato di nuocere al feto.

In Trentino abbiamo creato fin dagli anni ’90 un percorso virtuoso per la salute dell’agricoltore, dei cittadini, del consumatore e dell’ambiente eliminando gli acaricidi, gli insetticidi per le tignole o molecole ad impatto mediatico come il mancozeb, il folpet, neonicotinoidi o recentemente una riduzione del glifosate attraverso il protocollo vite e le linee guida dei grandi gruppi cooperativi. Molecole che  creano non solo danni diretti all’agricoltura ma anche danni d’immagine. Tuttavia dopo un’annata record per la presenza di infezione, e sebbene si sia potuto generare reddito e qualità con una gestione attenta della difesa, si è optato per un passo indietro introducendo e utilizzando principi attivi contrari alla filosofia che ha guidato il trentino viticolo negli ultimi decenni.

PROTOCOLLO VITE PARTE GENERALE E AGRONOMICA 2017 – SCARICA

PROTOCOLLO VITE DIFESA 2017 – SCARICA

LE ISTRUZIONI PER L’USO ELABORATE DAL SERVIZIO ASSISTENZA TECNICA DI CAVT – SCARICA