Ieri mattina dopo aver effettuato il trattamento alle viti, rispettando tutti protocolli a regime in  Trentino  (Difesa integrata, Ape Maia…), nell’attesa di un appuntamento in città sono entrato in un bel supermercato; era molto ordinato e affollato e la prima cosa che mi si è presentata davanti è stato un enorme bancone di frutta fresca: ho fatto un sobbalzo per la moltitudine di frutti di cui era composto. E mi sono detto: ma come, di già? Sembrava di essere in estate, talmente tanta la scelta di pesche, ciliegie, susine, albicocche, meloni, arance; insomma ogni ben di Dio. Tuttavia di questo bancone due cose mi hanno colpito negativamente: l’assenza di profumi che di solito emanano da tanta frutta e l’aspetto della frutta, che non dava per niente l’idea dell’appena colto, anzi sembrava avvizzita; anche le signore che si avvicinavano non sembravano convinte, sembravano dubbiose,  mentre palpavano continuamente  la consistenza di quella frutta, e vi posso garantire che di tutta quella frutta poca ne entrava nei carrelli della spesa, ed anche il bancone, anche se erano quasi le undici di mattina, era ancora stracolmo come se il negozio avesse appena aperto. Poi quando l’occhio è finito sul cartellino del prezzo tutto mi si è chiarito, la provenienza era chiara: Spagna. Sono rimasto esterrefatto: Ah, La globalizzazione. E allora mi sono chiesto: ma in Spagna a protocolli come saranno messi? Ci si potrà fidare? Chi mi garantisce della salubrità di quella frutta? E la sostenibilità dell’agricoltura che la produce? Tutti quei chilometri fatti per arrivare su quel bancone, ci costeranno qualcosa, tanto o poco, in inquinamento?