Che cos’è il vino? Me lo sono chiesto un sacco di volte. E più passa il tempo, e più ne bevo, più me lo chiedo. È un alimento, dice qualcuno. È un atto etico, dice qualcun altro. È un’opera d’arte, dice qualcuno. È un prodotto artigianale, dice qualcun altro. È un potente veleno (cancerogeno), dice qualcuno. È un viaggio psichedelico per avvicinarsi all’infinito orizzonte degli dei, dice qualcun altro. È una narrazione territoriale, dice qualcuno. È una merce industriale, dice qualcun altro. È uno strumento di socializzazione, dice qualcuno. È un modo, forse il più triste, per alienarsi, dice qualcun altro. È una cifra etnografica, dice qualcuno. È un paradigma sociologico, dice qualcun altro. È una bevanda, dice qualcuno. È un oggetto di lusso, dice qualcun altro.
Il vino è tutto questo e tanto altro ancora. A seconda del momento in cui lo bevi e del movente che ti spinge a bere. A seconda di cosa ti aspetti e di cosa cerchi. E soprattutto a seconda di quale vino bevi.
C’è il vino che acquisti al supermercato, in enoteca, al bar, al ristorante, in cantina. Ma c’è anche un altro vino, che raramente puoi acquistate: è il vino della caneva, il vino contadino, il vino paesano. Il vino di chi il vino lo fa per sé (e magari per qualche amico) e non per il mercato. È il vino su misura, che ciascuno fa, come può e come sa fare, a sua immagine e somiglianza, cercando di soddisfare al meglio le proprie aspettative, il proprio gusto, buono o cattivo che sia, mettendo a frutto le conoscenze empiriche che possiede, poche o tante che siano.
A questo vino autentico e anarchico, la Valle di Non – oggi terra della della mela, ma fino all’indomani della Grande Guerra generoso paesaggio vitato (qui infatti nacquero le prime cantine cooperative del Tirolo meridionale di lingua italiana: a Campo di Tassullo e a Revò) – dedica da quasi vent’anni una  rassegna, che oggi arriva alla 19° edizione. È La Rassegna del Vino Paesano (3 – 4 giugno). Due giorni di festa a Sporminore, di caneve, quelle vere, aperte; ma soprattutto una rassegna di vini senza etichetta e senza paura: oltre un centinaio di bottiglie, prodotte in casa, anzi in caneva o in garage. Damigiana selvaggia, vino contadino, chiamatelo come volete questo vino senza mercato, ma figlio di un sapere tradizionale che si è costruito e affinato di annata in annata, di generazione in generazione, nel corso dei secoli e dei millenni.
Accanto alla festa (in calce  il programma), anche una vera e propria rassegna che stabilirà la classifica del migliori Rossi, Bianchi, Rosati e Rebo (che si merita una corsa separata perché il Rebo in questa terra di vinificatori in house ha sempre occupato un posto speciale).
Oltre 110 referenze, in rappresentanza di tanti distretti del Trentino vinicolo, in mostra e in degustazione, a raccontare un mondo e un sapere che continuano a vincere il tempo e le mode.
A dare i punteggi e stilare la classifica sarà una giuria di specialisti, a cui anche Trentino Wine e Skywine hanno dato il loro piccolo contributo, di cui andiamo fieri: perché questa idea, l’idea dell’altro vino,  è uno dei filoni di indagine che mi stuzzicano di più e che, sono convinto, aiutano di più a capire e a interpretare il carattere territoriale ed etnografico del vino.
In giuria ci saranno Mario Tonon (Deus ex machina della Rassegna fin dalla prima edizione, uomo di riferimento della Cantina dell’Istituto di San Michele all’Adige e, fra le altre cose, Gran Maestro della Confraternita del Tortel de Patate), Luigi Roncador (ex direttore di Cantina Aldeno e presidente di Cantina Rotaliana), Enrico Paternoster (che non ha bisogno di presentazione perché ogni parola sarebbe insufficiente, perché è il Padrenostro del vino trentino e non solo trentino), Andrea Zeni (Cantina Zeni di Grumo). E c i sarà anche il nostro Erwin Tomazzolli, a interpretare il gusto e l’esperienza di Trentino Wine e SKYWINE Quaderni di viticultura. Ma soprattutto a raccogliere e a raccontare il senso di un #territoriocheresiste. Nonostante tutto.


Paesaggi agrari. Il cambiamento. Cento anni di storia
in Val di Non
La vite

[ FONDAZIONE MUSEO STORICO DEL TRENTINO – TESTO DI ALESSANDRO DE BERTOLINI ]
Paesaggio vitato. Paesaggio, cioè, coltivato a vite. Così si presentava un tempo la val di Non. Michelangelo Mariani – veneziano, religioso, celebre cronista del Concilio tridentino e attento osservatore delle dinamiche sociali ed economiche – scrive nel 1673 che “tra i vini nonesi si stimano li neri di Revò, i bianchi sopra Castelthunn, né si san tralasciare per buoni li vini di Castel Nan”. Per secoli l’Anaunia media e bassa è stata coltivata a vigne. La diffusione della vite è notevole già nel ‘600. E, nel 1688, il “libro di casa” della nobile stirpe dei Maffei – una famiglia benestante proprietaria di numerose campagne in valle di Non – riporta che in quell’anno furono prodotte dai soli possedimenti Maffei 800 orne di vino, pressappoco equivalenti a 628 quintali. Tra il ‘700 e l’800 la vite conosce un continuo sviluppo. Il “vino di Revò riesce buono, specialmente il rosso”. Il vino di “Nanno è il migliore della Pieve (di tassullo)”, si legge in altre testimonianze dell’800, mentre nella “Pieve di Denno il vino è assai migliore che nelle Pievi di Flavon e di Spor”. Ricavato dalle uve di un vitigno autoctono, il vino più pregiato della valle è il Groppello di Revò. Anche i vigneti di Romallo e di Cagnò sono considerati “vigneti modello”. Di minor presenza rispetto al Groppello c’erano poi il Borgogna (Pinot nero) e qualche varietà di uva bianca. Nel 1902 “la ripida pendice che scende al torrente Noce – scrive Ottone Brentari nella sua Guida del Trentino – è tutta un vigneto”. La zona più coltivata è la famosa Terza sponda.
Durante l’800 la fortuna della viticoltura è tale da permettere l’esportazione del prodotto nella  vicina Austria e da indurre i produttori nonesi a consociarsi. La nascita della Cantina sociale di Revò, nel 1893, è tra i momenti decisivi. Dopo quelle di Riva del Garda e di Borgo Valsugana, la cantina di Revò è la terza più antica del Trentino. Sull’esempio nascono in valle altre cantine a Tuenno, Nanno, Denno, Cloz, Dercolo, Taio, Portolo e altri paesi. Dopo la Grande guerra la viticoltura in val di Non entra irrimediabilmente in crisi. Inverni particolarmente freddi, parassiti come la filossera e la peronospora, eventi come la costruzione dell’invaso di Santa Giustina e la concorrenza dei vini della valle dell’Adige portano all’abbandono quasi totale delle coltivazioni. Nel 1928, in seguito all’affermarsi di altri tipi di frutticoltura, la Cantina sociale di Revò viene trasformata in un magazzino frutticolo. Oggi, colture pregiate di vitigni sopravvivono ancora in val di Non recuperando la tradizione consolidata del Groppello e cercando di ritagliarsi uno spazio nel mercato moderno.

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19° Rassegna del Vino Paesano – Programma Evento Facebook

Sabato 3 giugno:

– Alle 18.00 inaugurazione della manifestazione e apertura delle cantine;
– Alle 19.00 apertura delle cucine per la cena;
– Alle 20.45 il super MAXISCHERMO con la finale della Champions League;
– Alle 23.00 nel tendone dei giovani con servizio bar musica Live con i Backsond;
– Alle 24.00 chiusura delle cantine;
– Alle 02.00 chiusura del tendone.

Domenica 4 giugno:

– Alle 09.30 gara podistica “SUI SINTERI DEL BRAIAZA”;
– Alle 10.00 esposizione dei veicoli d’epoca a cura del G.A.S. Valli del Noce;
– Alle 11.00 aperitivo time allo spazio giovani;
– Alle 12.00 apertura delle cucine per il pranzo;
– Alle 14.00 premiazioni gara podistica “Sui sinteri del Braiaza”;
– Alle 15.00 apertura delle cantine;
– Alle 16.00 concerto del coro “CROZ CORONA”
– Alle 18.00 apertura delle cucine per la cena;
– Alle 21.00 premiazione 19° rassegna del vino paesano;
– Alle 24.00 chiusura delle cantine e chiusura della manifestazione.

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Una vastissima selezione di vini “da caneva” da degustare, una specifica area dedicata alla degustazione delle migliori bollicine Trento Doc… Il tutto accompagnato da gustosissimi tortei di patate e pizzoccheri della Valtellina!
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