“Comunicare il vino con un concetto sartoriale”, la sartorialità si trova nel vino come nella moda. Almeno secondo Giuseppe Arena, che ha organizzato un evento inappuntabile, senza scuciture, dal titolo “L’Arena del vino e non solo”.
E infatti si vedono le scarpe artigianali di Piantadomino spuntare da botti e tappi di bottiglia, mentre capi d’abbigliamento su misura di Federico Sangalli e della Sartoria di Veroli fanno bella mostra di sé sui tavoli fuori dal salone. Giacche, camicie e cravatte preziose sono anche frammiste ai dolci siciliani di quello che sembra un buffet, o forse è una vetrina al centro del salone, con i dolci accuratamente disposti e in qualche caso protetti da teche di vetro.
In che cosa consista questa sartorialità del vino io, che sono uno zuccone e ho per marketing, comunicazione e discipline affini, oggettivamente, la sensibilità di una motozappa, non l’ho proprio ben capito. Rimane un po’ lì, il concetto, tra il detto e il non detto, alluso più che articolato.
Certo, ragiono, il vino contribuisce a definire un lifestyle, come direbbero, forse, i bon vivants. Non è un caso che LVMH, nata nell’ambito dell’alta moda, abbia acquistato alcune tra le più grandi case produttrici di Champagne e infatti LVMH sta per Moët Hennessy Louis Vuitton.
Non c’entra con LVMH Laurent-Perrier, però, che all’evento ha portato la sua cuvée base. È una delle cinque case produttrici che presentano i propri vini in conferenza stampa; le altre, e sono tante, ci attendono nel salone di Palazzo Parigi.
È quasi più difficile fare la cuvée base, dice il responsabile di Laurent-Perrier, che non le bottiglie di grande pregio. Grande freschezza, è stata ridotta la liqueur d’expedition perché è migliorata la materia prima e quindi sono migliorati i profumi. Al naso fiori bianchi, erba appena tagliata, pera, pesca bianca, piccola pasticceria. Minerale, buona bevibilità.
Poi, il Fiano Kratos di Luigi Maffini. Presenta il 2016, cuvée di diversi minuti, con una bella mineralità. Poi il 2013, dove spicca un sentore di idrocarburo che richiama il Riesling renano; infine il 2004. Ha ancora una bella freschezza, in evidenza sentori di polpa gialla oltre al minerale, armonica e complesso.
Bibi Graetz presenta il Testamatta bianco, Ansonica dell’Argentario. “Graniti che rimangono nel bicchiere”, in effetti la mineralità è la cifra dominante di questo vino, soprattutto la salinità in bocca. Al naso fiori bianchi con una nota di erbe amare.
Sandrone presenta il Barolo Aleste (dal nome dei nipoti, Alessia e Stefano) 2013. Petali di rose, more, tabacco, spezie all’olfatto. Fresco e giustamente tannico in bocca.
Lalùci, la luce in siciliano. Terreno gessoso. Il Baglio del Cristo di Campobello 2016 ha un bouquet molto interessante, fresco, floreale, minerale. Il 2010 ha profumi di fiori gialli (mi verrebbe da dire elicriso) pesca gialla matura, miele, burro, poi fichi secchi e uva passa.
E poi, altri vini interessanti in ordine sparso:
Inama, Merlot 2013. Molto elegante, da una vigna di 70 anni, non molto tipico. Sottobosco, frutti di bosco, un leggero sentore di cacao. Dicono che Veronelli nel ’72 magnificasse questo vino; anche se non si possono fare confronti con il vino di oggi, rimane un titolo di merito.
Sempre di Inama, splendido il Carmenére 2013, con pepe nero e spezie varie in primo piano, peperone giallo appena accennato.
Poi, il libanese El Ixir, un 70% Viognier 30% Chardonnay con intenso profumo di pesca gialla e albicocca matura. Nasce da viti coltivate a 1200 metri s.l.m. e questo gli conferisce una bella acidità.
Haiden è il nome del Traminer di Zillinger, e siamo in Austria. Vinificato con ossidazione dei mosti. Poco varietale, la rosa è appena accennata, poi lychees, qualche spezia (coriandolo, zenzero). Il Grüner Veltliner è ampio, minerale, con belle note di pompelmo e pepe bianco. Fa fermentazione spontanea in tini di acciaio senza controllo della temperatura, poi passa sette mesi sui lieviti non filtrato né chiarificato.
Il Gewürztraminer 2015 di Kurtatsch ha dei bei profumi varietali, con la rosa ben in evidenza. Passa prima in acciaio, poi in cemento, poi fa otto mesi in botti vecchie di rovere. Si capisce quello che può diventare negli anni assaggiando il 2007. Si fa più intenso il profumo di rosa, poi acacia, miele ed ancora fiori di elicriso.
Il 51,151 di Moser è dedicato al record dell’ora di Francesco Moser, ottenuto nel 1984 appunto con la distanza di 51,151 km. È uno Chardonnay al 100%. La base spumante viene affinata in botti di rovere da 25 hl. La fermentazione malolattica viene eseguita a seconda delle annate: ad esempio nel 2014 è stata impiegata per diminuire l’acidità eccessiva, ma non nel 2015. Trascorre 34 mesi sui lieviti. Profumi di fiori gialli, crosta di pane, piccola pasticceria.
Sempre di Moser, il Brut Nature parte da basi più acide, sempre comunque di solo Chardonnay. Trascorre 60 mesi sui lieviti. Al naso note di burro, di brioche, minerale. In bocca è morbido e di corpo.
Infine, il moscato giallo è un vino che gioca sul contrasto tra un’acidità verticale e i profumi del moscato, di frutta tropicale, di ananas candito.
La Ribolla Gialla di Villa Job dimostra che lieviti indigeni e fermentazioni spontanee possono dare un vino elegante, con delicati profumi fruttati, un leggero sentore di mandorla e qualche tannino, tipico del vitigno.
Me ne vado; e mentre vado adocchio una collega che, avendo colto meglio di me lo spirito dell’evento, sta sartorialmente adattando alla propria fame un magnifico cannolo siciliano trafugato dal buffet in esposizione.