L’Alto Adige è una terra di vini molto apprezzata al livello nazionale e internazionale: freschezza, estrema bevibilità ed eleganza dei suoi prodotti ne fanno uno dei poli di eccellenza del nostro paese dal punto di vista enologico. Tra i fattori che influenzano positivamente la produzione vinicola c’è la grande eterogeneità geologica, geografica e climatica del vigneto altoatesino che si estende dai 200 metri dell’Oltradige ai 1000 della Bassa Atesina. La grande qualità dei vini altoatesini si esprime quindi a varie altitudini, ne è convinto il Consorzio Vini Alto Adige che ha presentato anche a Roma il banco d’assaggio itinerante “Dalle valli alle vette: l’Alto Adige nel calice“, ospitato da Fondazione Italiana Sommelier nella prestigiosa cornice del Rome Cavalieri lo scorso 6 novembre.
Una selezionata platea di giornalisti, operatori e appassionati ha risposto con grande interesse alla proposta delle 50 etichette offerte in degustazione andando così alla scoperta di vitigni, terreni e zone di produzione attraverso la chiave di lettura dell’altitudine.

La possibilità di produrre ad altitudini differenti ha consentito ai viticoltori altoatesini di selezionare il vitigno più adatto da coltivare in relazione al terreno, al clima e all’esposizione. Vitigni come Pinot grigio, Lagrein, Merlot e Cabernet Sauvignon hanno bisogno di un sole caldo e vengono coltivati maggiormente tra i 200 e i 300 metri perché ad altitudini troppo elevate non riuscirebbero a giungere a perfetta maturazione. Al contrario le significative escursioni termiche tipiche della fascia intermedia che va dai 300 ai 500 metri consentono al Sauvignon Blanc e al Gewuertztraminer di concentrare profumi di grande finezza e di ottenere risultati di grande qualità anche da Pinot bianco, Pinot nero e Schiava. Superando i 500 metri sono le varietà più resistenti alle temperature più rigide ad avere la meglio: Riesling e Sylvaner assieme a quelle derivanti da incroci come il Müller Thurgau e il Kerner coltivati fino agli 800 metri in Valle Isarco e Val Venosta.

A chiudere l’appuntamento di Roma con i vini dell’Alto Adige un seminario di approfondimento guidato da Daniela Scrobogna, responsabile della Didattica Nazionale e Docente di Fondazione Italiana Sommelier, e Pier Luigi Gorgoni, giornalista e Brand Ambassador del Consorzio.
Gorgoni ha trasportato la platea in un viaggio immaginario partendo dalle valli della Bassa Atesina per giungere fino in Valle Isarco delimitando i confini geografici di una denominazione che comprende il 98% della superficie vitata, pari a 5300 ettari circa per un totale di 5000 viticoltori e copre lo 0,7% della produzione nazionale con una qualità media molto elevata. Qualità puntalmente riscontrata agli assaggi dalla competenza della padrona di casa, Daniela Scrobogna, che ha guidato la degustazione alla scoperta di sette etichette rappresentative del terroir altoatesino.
Pinot Bianco Riserva Passion 2015, Cantina St. Pauls (600 m s.l.m.)
Pinot Grigio Riserva Giatl 2015, Peter Zemmer (250 m s.l.m.)
Müller Thurgau Graun 2016, Cantina Kurtatsch (800-900 m s.l.m.)
Valle Isarco Kerner Praepositus 2016, Abbazia di Novacella (650-700 m s.l.m.)
Terlano Sauvignon Quarz 2015, Cantina Terlan (250-900 m s.l.m.)
Gewuerztraminer Nussbaumer 2016, Cantina Tramin (350-550 m s.l.m.)
Santa Maddalena Classico 2016, Pfannenstielhof (280 m s.l.m.)
Pinot Nero Sanct Valentin 2014, Cantina San Michele Appiano (400-550 m s.l.m.)
Lagrein Riserva Taber 2015, Cantina Bolzano (250 m s.l.m.).
La prospettiva dell’altitudine conferma che la finezza e l’eleganza olfattiva e la grande sapidità e freschezza gustativa dei vini altoatesini sono il denominatore comune di ogni assaggio dal quale emerge chiaramente sia la matrice territoriale che il lavoro dell’uomo in vigna e in cantina.