L’ennesimo progetto calato dall’alto sta per abbattersi rovinosamente sul Lagorai, uno degli ultimi paradisi wilderness non solo del Trentino ma di tutte le Alpi. Col vecchio sistema delle spallate in serie: non una sola e violenta, ma una serie di spallate più modeste che però alla fine scardinano la porta.

E’ un sistema ben collaudato, visto molte altre volte; si comincia con poco, nascondendo o camuffando i veri obiettivi con vari pretesti: valorizzazione, riqualificazione, messa in sicurezza, mobilità alternativa e altre balle. Ma dopo che sono partiti certi carrozzoni, quasi sempre robustamente sostenuti con fondi pubblici, poi non è più possibile fermarli perché la litania è sempre la stessa: «Ormai è fatto, non possiamo lasciare che vada in rovina dopo tutti gli investimenti…» e così si succhiano altri contributi pubblici in una mungitura senza fine, dove a rimetterci è sempre il contribuente, continuamente chiamato a sborsar quattrini. Gli esempi sono tantissimi e ben conosciuti: Bondone, Panarotta, Polsa, Folgaria e avanti così.

A pochi giorni dalla presentazione ufficiale del Progetto Translagorai, mascherato con  la foglia di fico della valorizzazione della nota traversata, e nonostante l’inizio dei lavori sia previsto nel 2020, sono già stati eseguiti i rilievi a Malga Lagorai, mentre la destinazione d’uso di Malga Valsolero è già stata modificata da agricola a ricettiva. L’impressione, insomma, è che l’iter sia stato volutamente accelerato per bruciare i tempi ma, soprattutto, per smorzare sul nascere le prevedibili resistenze al progetto. Come per la ferrata al Castel di Bombasèl, realizzata a tempo di record e quasi di nascosto.

Con il progetto Translagorai in sostanza si è architettato abilmente un piano per incrementare le infrastrutture turistiche, che però con la traversata non c’entrano niente. E’ un primo passo per uno sfruttamento economico del turismo di massa, per soddisfare gli appetiti che da sempre insistono sulla zona, ormai l’unica rimasta ancora miracolosamente (quasi) libera dalle speculazioni.

Ben 3,6 milioni di euro già stanziati dalla Provincia di Trento (soldi pubblici), di cui 3 destinati a interventi edilizi perla realizzazione di ben tre ristoranti: Malga Cadinello, Malga Lagorai, Malga Valsolero. Ma che c’entrano i ristoranti con la traversata in quota? Non si capisce. Anzi si capisce benissimo: niente.

L’attacco più grave e preoccupante è al Lago Lagorai e alla sua malga, già nell’orbita pericolosissima della società degli impianti del Cermis che, con tutta evidenza, intende farne una sua appendice turistica con tutto l’orrido ambaradan che ne consegue.

Lo scopo è chiarissimo: far girare gli impianti a pieno regime anche in estate. Dopo aver allargato il raggio d’azione all’area dei Laghi di Bombasel con la realizzazione di una demenziale via ferrata, nonostante fosse zona protetta Zps(!); il passo successivo sarà l’allargamento al Lago Lagorai. Secondo la logica degli impiantisti, un ristorante in riva al lago sarebbe perfetto. Ma un simil-rifugio o agritur che dir si voglia, con 40 posti a sedere (!) e 20 posti letto di cui non esiste, tra l’altro, uno straccio di piano di sostenibilità economica, significa distruggere completamente la magia di questo santuario naturale.

Sorge dunque spontanea la domanda: una società impiantistica che ha per oggetto sociale “l’industria dei trasporti funiviari-scioviari ed in genere l’industria turistica; in particolare la costruzione, il funzionamento e la gestione di funivie, seggiovie, sciovie e di ogni altro impianto di risalita” si farà riguardo per l’ambiente o piuttosto per gli affari propri?

Un bene collettivo sarà espropriato per favorire gli interessi di una società privata, con la  complicità dell’ente pubblico che finanzierà generosamente il progetto. I cittadini sono dunque cornuti e mazziati: mentre vengono derubati di un tesoro ambientale straordinario, dovranno anche pagarne le spese!

Una riflessione più generale però è d’obbligo: avanti di questo passo, che ambiente lasceremo ai nostri figli? Quali prospettive di vita, e di lavoro? Mentre i ras della valle diventano sempre più ricchi e potenti, imponendo a tutti il loro modello industriale di turismo, ai valligiani resteranno solo le briciole del famoso indotto. Cosa potranno sperare per i loro figli? Un posto da macchinista stagionale a Pampeago? O uno da cameriere per servire apericene al rifugio Paiòn?

Nel frattempo magari i cambiamenti climatici avranno ridotto gli impianti di sci ad un ammasso di inutile ferraglia. A quel punto, senza industria dello sci e senza ambiente, cosa resterà?

Per saperne di più: Critica ragionata al Progetto Translagorai, una minaccia all’ultimo paradiso wilderness del Trentino