Quella di oggi è stata una giornata nera per il Trentino.
Probabilmente più nera di quanto sarà catramosa quella del prossimo 22 ottobre quando ci sveglieremo in balia del fascioleghismo dilettantesco dell’onorevole sottosegretario Maurizio Fugatti.
Ma ciò che è accaduto oggi non ha nulla a che fare né con il fascismo né con il dilettantismo: si chiama mercantilismo. E mercificazione. Padronale. Reazionaria. Ottocentesca.
Oggi a capo di Cavit, la più potente multinazionale industrialista trentina (190 milioni di fatturato e uno fra i primi dieci player nazionali del vino) è stato eletto un signore che si chiama Lorenzo Libera. Conosciuto nell’ambiente esclusivamente per essere un rigoroso teorico del vino merce convenzionale.
Libera, un cognome che, almeno oggi, sembra una beffa. E perfino uno sberleffo. Beffardo.
L’uomo è un bancario  organico agli interessi del Credito cooperativo, e dei suoi registi poco occulti come l’ex presidente di FedCoop Diego Schelfi  oggi vicepresidente nazionale del settore creditizio, e ai bisogni insaziabili della potentissima ed egemone Doc delle Venezie, di cui è vicepresidente. Un manager bancario di provincia allevato alla stessa cultura globalista dei tycoon autoritari che oggi dominano 
con il il guanto borchiato a Ravina . E a Mezzocorona.

Sulla sua nomina, che coincide con la decapitazione calcolata dell’ingenuo ma schienadritta Bruno Lutterotti (presidente della piccola, ma dinamica e iconica, Produttori di Toblino), si incrociano oggettivamente due interessi convergenti: da una parte quello dell’apparato manageriale del consorzio – lo stesso che da anni immagina uno scenario in cui Cavit diventi Gruppo Unico di Acquisto per le 10 cantine di primo grado e che da tempo spinge affinché tutti i soci, le dieci cantine associate, accelerino il conferimento della materia prima fino al 100 % – , e dall’altra parte l’interesse della nomenklatura rampante del credito cooperativo da mesi impegnata ad indebolire la posizione della presidente federale Marina Mattarei, di cui Bruno Lutterotti è (probabilmente ancora per poco) braccio destro con delega all’Agricoltura.
Con una sola mossa – i cui mandanti morali sono facilmente individuabili, così come gli autori materiale dell’esecuzione sommaria dell’uomo di Toblino – i capibastone della cooperazione industrialista hanno centrato due obiettivi: mettere a tacere le spinte territorialiste e identitarie dell’economia trentina e azzoppare Marina la Rossa, pericolosa, seppur timida, riformatrice di una cooperazione da tempo deragliata lungo un orizzonte iperglobalista.
Complimenti agli architetti di questa operazione.
E condoglianze al Trentino.