La location è bella, nel Superstudio Più” di fronte al Mudec dalle parti di via Tortona. È una zona dietro alla stazione di Porta Genova un tempo zona di industrie, ora con una vocazione ai locali, alla moda, al design e in generale al buon vivere. Forse l’unico rimprovero che si può muovere alla location è una certa rumorosità quando è affollata, ma in fondo è un peccato veniale.

I produttori sono divisi per regione in un lungo corridoio che si snoda per lo spazio principale, poi sfocia un una sala dove ci sono stand tematici, quello dedicato ai liquori per esempio.

Tra le varie regioni spiccano le Marche, per numero di produttori presenti.

Marotti Campi propone il Luzano, Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico DOC Superiore 2017, 100% verdicchio, molto tipico, fa acciaio 6 mesi sur lie senza batonnage e poi passa almeno tre mesi in bottiglia.

Nasce su terreni argillosi/sabbiosi, si avvertono i classici sentori di mela verde e di erbe aromatiche, timo su tutte. È molto sapido, con il tipico finale ammandorlato, elegante.

Ci piace il Verdicchio da invecchiamento”, dice il produttore.

Il Castelli di Jesi Verdicchio Classico Riserva DOCG del 2015 deriva da una vendemmia più tardiva rispetto al primo, fa un anno per l’80% in vasca di acciaio e per il 20% in barrique francesi (“un po’ vecchie, un po’ nuove, per ingentilire la sapidità”).

C’è una nota citrica, un profumo di pietra focaia che con l’invecchiamento virerà verso l’idrocarburo. È un vino elegante, più complesso ed armonico del primo, anche se i profumi sono meno esuberanti. È stato premiato come “Grande vino Slow” e ha ricevuto i “5 grappoli” di Bibenda.

L’Orgiolo 2014 è un Lacrima di Morro d’Alba DOC Superiore. Il Lacrima è un vitigno antico che stava scomparendo: si chiama così per l’acino che si frange nel grappolo molto serrato; difficile da trattare proprio per questo motivo, perché si possono innescare fermentazioni spontanee non volute.

Il Lacrima giovane ha sentori di rose e viole e ha subito, come altri del resto, l’equivoco di essere considerato esclusivamente un vino da pronta beva; del resto c’è anche oggi chi lo vinifica con risultati interessanti in macerazione carbonica, come un novello. Marotti Campi ha scelto la strada opposta, ha ottenuto un vino con sentori di erbe balsamiche (ginepro, lavanda, timo, salvia) e pepe bianco; con l’invecchiamento esce il profumo di incenso e altre note speziate. Molto ricco di antociani, si ossida difficilmente, deve stare nel bicchiere a lungo.

Ma usa lieviti naturali o selezionati, gli chiedo? Sì, usa lieviti selezionati neutri, quelli che lasciano intatti i profumi dell’uva.

Ma mi chiedono tutti dei lieviti, dice, e mai nessuno che mi abbia mai chiesto se le uve sono mie o sono uve comperate: la differenza tra artigianale e industriale sta in quello, non nei lieviti selezionati o meno e nemmeno il convenzionale rispetto al biologico. Ogni azienda industriale può mettere il bollino che vuole, ma il mio vicino biologico passa il giorno sul trattore a spargere rame. L’industria si è appropriata della retorica naturalista, ma la chimica di oggi non è più quella degli anni ’50, non è più quella del napalm.

Non è una critica al sistema, dice, io faccio il vino per altre quindici cantine. Però capiamo quali sono le cose importanti, caratterizzanti, e quelle che importanti lo sono un po’ meno.

Vicino c’è lo stand della Cantina dei Colli Ripani, di Ripatransone. Producono un Offida DOCG Passerina che si chiama Lajella, dal nome di un quartiere cittadino, per enofili non superstiziosi. Sentori di pera, fiori bianchi di acacia, molto sapido.

Il Mercantino 2017 è un Offida DOCG Pecorino. Sentori minerali soprattutto, poi di frutta esotica (mango), molto sapido.

Il Condivio 2016 è sempre un Offida DOCG Pecorino, fa sei mesi in tonneau. Ha sentori di fiori di ginestra e di elicriso, frutta tropicale, anche disidratata, un accenno di vaniglia.

La Cantina Terracruda produce il Boccalino 2017, un Bianchello del Metauro DOC Classico, un vitigno autoctono. Fa solo acciaio, ha sentori di pera e fiori bianchi, una leggera sapidità. È morbido ed equilibrato.

Un altro vitigno autoctono è il Garofanata, così chiamato perché il vino ha profumi di garofano. In realtà al naso si avvertono profumi di fiori di tiglio, il garofano emerge leggero nel retrolfattivo.

Il Vettina 2016, Pergola DOC Aleatico Classico fa solo acciaio, ha profumi di ciliegia appena matura, sentori balsamici molto spinti, di mentolo.

Le terrazze” produce il Donna Giulia, un Metodo Classico 100% da uve Montepulciano, in questo caso vendemmia 2016 sboccatura 2018. Ha note di fiori di gelsomino e di fiori di acacia, note burrose, poi timo e crosta di pane. È un brut, il residuo zuccherino (8 g/l) serve perché per poter spumantizzare bisogna cogliere in anticipo il Montepulciano, che a questo punto deve essere un pochino ammansito.

Poi “Le cave”, chardonnay 2017, con profumi di pera bianca, un erbaceo appena accennato, come di un prato di trifoglio appena tagliato. In bocca il minerale copre un po’ il floreale e il fruttato ma fa uscire un balsamico, un timo che al naso non si avverte.

Per chi non avesse presente il profumo di un prato di trifoglio appena tagliato sono disponibile, su appuntamento, a far tagliare il mio: non fate a pugni per proporvi.

Il “Pink fluid” è un rosato 85% Montepulciano e 15% Syrah con tappo a vite (“potessi usare lo stelvin per tutti i vini lo farei, solo che in Italia non si può, abbiamo ancora in mente il bottiglione”). Color buccia di cipolla tenue, ha un profumo di ribes rosso, una bella sapidità.

Poi, basta Marche. Passo da Le Marchesine, Franciacorta, dove degusto il Brut sans année, 60% chardonnay, 25% pinot bianco, 15% pinot nero. Paglierino, con effervescenza fine, ha sentori di zenzero o forse zafferano, e fiori bianchi di sambuco. Fresco e fine.

Il Bric Amel dei Marchesi di Barolo è un Langhe DOC, blend di Sauvignon, Arneis, Chardonnay. Ha un intenso profumo di pera, qualcosa di frutta gialla, fiori di acacia.

Sempre in Piemonte passo a Ceste. Producono un interessante bianco da Bronner e Johanniter, con profumi di fiori bianchi di acacia, fresco: sono i primi in Piemonte ad aver provato i vitigni resistenti, i PIWI.

Il Salisa di Villa Corniole è un DOC Trento, un Metodo Classico 100% Chardonnay. Profumi di fiori e frutta gialla, lieve nocciola. Lo chardonnay viene raccolto maturo, perché siamo in montagna e l’acidità che ha gli basta. La Müller Thurgau ha profumi di pesca bianca, mela verde, salvia e rosmarino, una bella acidità.

Nella sala grande c’è lo Spirits Corner, con i magnifici Rum di Madeira (pare che il Rum sia nato lì) e delle Barbados. Non ricordo più quale rum fosse, purtroppo (avevo preso appunti fotografici ma la tecnologia mi ha tradito): ricordo profumo di banana e di affumicato.

Nei banchetti delle degustazioni, incontro Giovanni Aiello, “enologo per amore”, di Castellana Grotte, con le sue bottiglie e le sue etichette fatte a mano una per una.

Non so se abbia fatto l’enologo per amore di una donna o del vino, della poesia o della virtù, ma non ho bisogno di degustare i suoi vini: tra enologo per amore e sommelier per amore ci si capisce, comunque, al volo.