parole

Torno a scrivere dopo alcuni giorni di silenzio. Silenzio intenzionale. E doloso. Le cui ragioni spiegherò, magari, in un altro post. Perché hanno a che fare con alcuni ragionamenti che i Cosimi stanno facendo attorno al loro ruolo e alla loro (in)utilità per il mondo della viticoltura trentina. Ma intanto scrivo perché sollecitato, questa mattina, da un’email dell’amico e compagno

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Uffa che barba, che barba, che noia. Massì, che noia. Ma che noia davvero, ritrovarsi qui  a scrivere sempre le stesse cose. Una noia soprattutto per chi legge.  Immagino. Ma insomma, va così. E di sicuro non per colpa di questo modestissimo black blog corsaro. Dunque, questa mattina sulle Millebolleblog, leggo la punzecchiatura di Franco Ziliani, rivolta bonariamente ad un

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Ancora con queste bollicine? Basta, non se ne può più. Piantiamola di usare questa parola, “bollicine”, quando parliamo di TrentoDoc. Cominciamo da qui, cominciamo dalla scelta delle parole, se vogliamo convincere i consumatori che in Trentino non esistono solo numerose e prestigiose maison spumantistiche ma esiste anche un metodo classico trentino. Cosa che nessuno, fino ad ora, è ancora riuscito

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Vanno così le cose, quando il mondo del vino, e non solo, subisce il condizionamento della politica o, peggio ancora, quando si china per inerzia e senza convinzione alle trovate estemporanee della politica spettacolo. Come è capitato, e  capita, in Trentino con il marchio TrentoDoc, brand messo in piedi dagli espertoni del marketing territoriale, e foraggiato con tanti ma tantissimi

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Oggi mi dedico un po’ all’autocritica. E’un esercizio che fa sempre bene. A tutti. Le considerazioni di quel grande maestro del vino, e di tanto altro,  che è Angelo Gaja (vedi post precedente) a proposito del frastuono, di parole e di comunicazione, che circonda il mondo del vino, mi hanno fatto venire in mente un brano di Milan Kundera (L’insostenibile leggerezza

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