Nel concavo di gesti disanimati, si rivelano, improvvisi, le geometrie silenziose del disamore, il deserto del sentire, il nulla declinato in tutte le sue finte intimità. E giace, al fondo, la paura di non essere per sé e per alcuno. E noi, dentro quel lacerto opaco, noi che consumiamo i giorni e i secoli dell’abbandono, marcescenti e vivi per posa

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