cantucci d'abruzzo Cosimo per fortuna non riceve solo carbone (quello che ai miei tempi si regalava ai bambini cattivi). Ogni tanto riceve anche regali. E pacchi natalizi. Ieri, fra gli altri, ne ha ricevuto uno direttamente a casa, gentile omaggio di una generosa Coop di Credito. Di cui non è socio e di cui non è cliente. Quindi, immagino, si sia trattato di un gentile omaggio al Cosimo-Comunicatore (modesto). Quello con nome e cognome, non quello con il passamontagna. Ordunque, vero è che a caval donato non si guarda in bocca. Ma insomma, ogni tanto almeno nel pacco è utile infilarci il naso. Il fatto è che da quel pacco cooperativo (ricco e generoso come dev’essere di questi tempi), fra un taglio di speck altoatesino, un mandorlato avellinese e un olio extravergine della Valpolicella, svettava un’elegantissima confezione nera di “Cantucci d’Abruzzo”, edizione anniversario (tralascio il marchio). Ora, a parte il fatto che i cantucci li pensavo più toscani che abruzzesi e quindi devo ammettere che ne ho imparata una nuova, e quindi ringrazio; a parte questo, dicevo, ma cosa ci stanno a fare i cantucci abruzzesi, l’extravergine della Valpolicella, il dolce campano (e vi risparmio il resto), nel pacco natalizio di una coop trentina; pacco inviato a Cosimo affinché, immagino, si sforzi (di più) nella sua opera di narrazione quotidiana del territorio e dei sapori di questa terra a metà fra l’aquila e il leone. Misteri trentini e misteri cooperativi. Misteri di una terra che non ha ancora imparato l’abc del markerting territoriale e che forse non ha alcuna voglia di impararlo.

Ps: per completezza di informazione devo dire che il munifico cesto natalizio contiene anche una splendida bottiglia di Trentodoc (quella riservissima del fondatore). Con cosa accompagnarla? Con la pasticceria meridionale, con il cantuccio marsicano o con lo speck altoatesino? Consigliatemi voi.