epistula pro mueller turghau Caro amico, mi fa piacere sapere che ti stai dedicando al Müller Thurgau, meno nel sentire che il giro per le parrocchie non ti abbia soddisfatto. Ti dirò brevemente quello che so, con qualche consiglio e, anche se non richiesta, la mia opinione.
La storia del Müller Thurgau comincia in Trentino nel 1939 per interessamento del dottor Scipio de Schulthaus di Lavis, cognato di Giulio Ferrari.
Saprai la storia ufficiale del Müller Thurgau: 1874 a Geisenheim, Hermann Muller, l’incrocio anzi, gli incroci.. Forse non sai che dalla Svizzera, dove operava gli incroci, ha dovuto riparare in Germania inseguito dai Calvinisti, che ritenevano il suo lavoro ripugnante come per noi oggi è l’incesto, scandaloso come la copula con un animale. A Geisenheim non erano così fanatici, così ha regalato all’enologia tedesca il vitigno più produttivo che potessero sognare di avere. Questo, infatti, era l’obiettivo della ricerca e della sperimentazione di allora e questo è un fatto che uno studioso del Müller Thurgau come te, non può sottacere.
L’aumento quantitativo della produzione, possibilmente anche con adeguata gradazione zuccherina, è stato (e forse parzialmente lo è ancora) il vero motivo per cui ci si impegnava nei laboratori, accanto alla ricerca di soggetti robusti per sopportare meglio clima e malattie. Per quest’ultima cosa si intraprese la selezione clonale.
Nel centenario del 1974 ricordo di essere stato a Geisenheim: c’erano tutti i Müller Thurgau del mondo, Sud Africa e Nuova Zelanda compresi; facemmo un’ottima figura e si disse che il Müller Thurgau Trentino era quello che meglio rispondeva allo spirito del vitigno. Altri erano o dolci o sovraprodotti o troppo diversi per terreni inadatti. Fummo molto orgogliosi, ma imparammo lì che in Germania, Austria, Svizzera e Lussemburgo già si era guastato il nome, proprio per i 400 q.li/ha che producevano; si erano già inventati il Rivaner, che sai essere l’unione di Riesling con Sylvaner… ma il consumatore non è fesso e la cosa non ha fatto molta strada.
In Italia siamo i più importanti produttori, anche se il Müller Thurgau è raccomandato in una infinità di province: come sai, in questo nostro disgraziato Paese, non esiste possibilità reale di tutelare i prodotti migliori ed i consumatori, cosicché varietà adatte a climi temperato freddi (come i Pinot, Chardonnay e Müller Thurgau) sono coltivate anche in meridione e oggi caldeggiate anche dagli oligarchi di turno, tanto sono per il mercato globale. Uno parabola ributtante,  che in definitiva danneggia tre volte la Valle di Cembra: prima per la concorrenza sleale, secondo per lo sputtanamento del Müller Thurgau, terzo perché costituisce cattivo esempio anche per i nostri viticoltori più deboli.
Con questo mi sono avvicinato ai tempi più recenti, con una Val di Cembra piena di Schiava, poi la selezione SA1 di Salvaterra che avrebbe dovuto essere migliorativa, ma che il Kober 5BB provvide a sfasciare, la battaglia del Caldaro e l”intesa che sopra la strada si coltivasse Müller Thurgau. Ecco, lì a mio parere si è data la stura al vitigno, senza troppo guardare ai siti; poi è dilagato anche altrove, sempre senza una precisa politica né della Provincia, né delle Cantine Sociali.

Continuare così anche oggi, è demenziale, con le nuove possibilità offerte dalla ricerca e sperimetazione, sapendo che il mercato è guastato dai… Padani &C. So di provocarti, dicendo così, ma lo faccio a fin di bene. Fai bene ad informarti sul Müller Thurgau che trovi in eredità dai nostri vecchi, ma se vogliamo andare avanti sarà meglio studiare e sperimentare anche varietà da incroci interspecifici per produrre vini nuovi per un mercato sempre più curioso ed assetato di novità. Gli esempi non mancano.
Mi avvio così alla conclusione di questi miei pensieri sul Müller Thurgau: non posso credere che 25 edizioni di Mostre del Müller Thurgau non abbiano lasciato una documentazione per uno come te e per tutti coloro che vogliono approfondirne la storia. E’ un fallimento, come dissi a margine dell’ultimo, inutile, convegno delle settimane scorse: si rimane sempre sulla crosta dei problemi, autoreferenziandosi di continuo senza accorgersi che ci si sta avviluppando in una spirale negativa, dove la prospettiva più seria è il Müller Thurgau spumante di Cavit, essendo quello fermo bloccato da una soglia di prezzo da sopravvivenza, ma non di soddisfazione. Non per nulla quelli di Bolzano, che pure potrebbero rivaleggiare con noi, ci lasciano fare, relegandolo fra le loro cultivar minori.
A San Michele non dovresti limitarti alla ricerca in biblioteca, ma parlare con qualcuno dei ricercatori. In Provincia non saprei a chi indirizzarti: quelli ormai non sanno più nemmeno dove si accende la luce della pianificazione, avendola demandata agli oligopoli. Che fanno i loro interessi ben prima che gli interessi del territorio.
Come vedi, sono tornato alla politica vitivinicola, che deve tornare ad interessare i giovani come te: è lo stesso discorso che si pone anche per la politica in generale. O la fai fare ai Commissari come Zanoni o Monti, o si prende coscienza che bisogna rimboccarsi le maniche e progettare il nuovo. I primi che lo faranno saranno i dirigenti di domani. Fu così anche per i nostri padri e per i nostri nonni, mica l’hanno trovata pronta la pappa…Ti pare?