Primi vari e ristorazione (trentina) avariataQuello che segue non è un brano tratto dalle pagine di Bar Sport, anche se a una prima lettura potrebbe sembrarlo. Nemmeno il risultato finale è lo stesso: perché se l’opera di Stefano Benni è, giustamente, entrata nella leggenda per l’umorismo irresistibile, quanto sto per raccontarvi ha risvolti quasi tragici. È un esempio, purtroppo nemmeno tanto isolato, di ciò che si offre all’ignaro (e affamato) cliente che a pranzo o a cena decide di fermarsi in uno dei tanti operosi borghi lagarini.

Era la prima volta che tornavo a cena in questo ristorante (di cui, per correttezza, non faccio il nome) da quando, recentemente, era subentrata una nuova gestione e le opinioni che avevo sino a quel momento raccolto non erano favorevoli. Ma ero tutto sommato abbastanza fiduciosa, perché la mia visita capitava in una giornata di festa, insomma, una di quelle occasioni un po’ speciali in cui di solito un locale si adopera con qualche particolare in più, sia nella preparazione che nella presentazione dei piatti.

Non ho avuto la possibilità di scegliere e nemmeno di vedere la carta, perché il menu era già stato deciso: bis di primi, dolce e caffè. Un menu a sorpresa, insomma, che mi ha messa un po’ in difficoltà quando la cameriera ci ha chiesto se avremmo gradito del vino e ci ha elencato i vini disponibili: “Abbiamo il vino della casa bianco e rosso, marzemino, teroldego, schiava, ma volete un consiglio? Prendete il prosecco e andate sul sicuro!” E fu così che ci giunse in tavola mezzo litro di prosecco alla spina, che non merita commenti e che ho assaggiato solo per il brindisi con le mie commensali. Al nostro tavolo mancavano pane e grissini, quelle cose che si sbocconcellano sempre volentieri per ingannare la fame mentre si aspetta e si chiacchiera. Li abbiamo richiesti, ma non sono mai arrivati.

Nel frattempo, invece, erano stati serviti i primi: canederli asciutti e tagliatelle. I canederli, si sa, come succede per il zelten e lo strudel, ognuno li fa un po’ a modo suo. Preparati in questo modo, però, non li avevo mai visti: due piccole palline color nocciola, dalla consistenza molliccia, che mi ha fatto temere per il grado di cottura. Timore che si è poi confermato all’assaggio e in fase di masticazione: i canederli erano gommosi e appiccicosi. E sapevano tremendamente di dado. Non è andata meglio con le tagliatelle ai carciofi, ho l’impressione che abbiano usato carciofi sott’olio, il gusto ricordava molto i carciofini usati per guarnire la pizza capricciosa. Ma almeno le tagliatelle ci sono state servite a una giusta cottura.

Il dolce era un classico dei menu trentini: una fetta di strudel, ma freddo e servito in maniera molto frettolosa, senza nemmeno un ciuffetto di panna, uno sghiribizzo di cioccolato, una spolverata di zucchero a velo… niente. Passi che abbiano usato mele golden al posto delle renette, ma le bucce della mela, dentro all’impasto, quelle no, erano davvero fastidiose. A cena terminata restava una grande delusione e, soprattutto, un vago malcontento, di fame non soddisfatta. Mi rattrista dover ammettere di aver mangiato proprio male, al punto che non saprei dire se il prezzo che abbiamo pagato – 12 euro in totale – era alto o basso.

Non mi piace dare giudizi negativi, so che non è facile mandare avanti un locale e certamente anche i nuovi gestori lo fanno con tutta la loro buona volontà. Ma l’impressione generale è quella di una cucina e di un servizio improvvisati alla meglio, che stridono in maniera evidente con l’ambientazione del locale, situato al piano terra di un antico palazzo del centro storico, rimesso a nuovo e arredato in maniera accogliente, con un caratteristico cortiletto d’accesso, luci soffuse e travature a vista. Un angolo intimo e raccolto, che potrebbe ispirare calore famigliare, se non fosse per la radio gracchiante che trasmette improbabili pezzi di musica danzereccia contemporanea. Non mi sembra per nulla azzeccata questa decisione di farne un locale per pranzi e cene veloci, che però sembra proprio essere nelle intenzioni dei nuovi gestori, forse per attrarre studenti, lavoratori o qualche sparuto turista di passaggio, come tristemente dimostra il tabellone posto davanti all’ingresso .