lettera
Caro giornalista, non ci conosciamo di persona, ma io la leggo sempre. Di domenica e a volte anche negli altri giorni.
Mi presento: sono un agricoltore anch’io, come quelli che lei intervista spesso, ma io purtroppo ho qualche capello grigio.
Mi piace leggere le storie che lei racconta sul suo giornale, mi piace leggere di giovani che dedicano la loro vita ai campi, in controtendenza a ciò che va di moda. Mi sembra di rivivere i miei primi anni da contadino, anche se ai miei tempi non c’era quel premio di primo insediamento che ora annacqua qualsiasi buona volontà; anzi, erano tempi caratterizzati da delusioni e derisioni da parte degli amici più “evoluti”, quelli che al lavoro nei campi preferivano il posto fisso. Magari in Provincia.
Comunque dai, è bello sentire che la passione contadina pulsa ancora nelle vene di questi giovani
Dopo tante belle storie, però, sarebbe auspicabile fare un passo in avanti, e cioè dare vita ad un dialogo tra agricoltori e istituzioni, perché le cose nei campi non sono tutte rose e fiori, ci sono anche le spine: spero che lei abbia avuto modo di accorgersene durante i suoi numerosi pellegrinaggi nelle campagne trentine.
I sindacati agricoli, per esempio, un tempo difendevano gli agricoltori dal legislatore vorace, oggi si sono trasformati in commercialisti, bravissimi a svolgere pratiche burocratiche, ma, ahimè, hanno perso smalto e voglia di combattere a nostra difesa; la burocrazia (che essi stessi stimolano per avere più forza) ci sommerge di carte, corsi, e pratiche del tutto inutili; ultima in ordine di tempo l’autocertificazione per dimostrare che si guida il trattore da più di due anni. Poi ci sono le pensioni da fame e vieni a sapere che un tuo dirigente nazionale va in pensione con un reddito da favola… e allora ti cadono le braccia. Di fronte a queste cose mi chiedo se abbia ancora senso associarsi a questi sindacati.
Le chiedo, ora, se lei se la sente di ascoltare anche gli altri agricoltori e non solo quelli appena arrivati? Se la sentirebbe, lei, di schierarsi dalla nostra parte per aiutarci a dare un calcio a questo sistema per contribuire a promuovere la crescita economica, sociale, civile e culturale dell’agricoltura trentina. Ci sta, lei, a chiedere alle Istituzioni, come il Papa ha detto a quelli di Confindustria,  che bisogna scoprire il valore del “fare Insieme”. Perché sempre secondo il Papa il fare insiemeispira a collaborare, a condividere, a preparare la strada a rapporti regolati da un comune senso di responsabilità, significa saper dirigere, ma anche saper ascoltare, condividendo con umiltà e fiducia progetti e idee; significa fare in modo che il lavoro crei altro lavoro, la responsabilità crei altra responsabilità, la speranza crei altra speranza”.

Ecco insomma, caro giornalista, avrà capito dalle mie parole che anche noi agricoltori canuti avremmo bisogno di qualcuno che abbia voglia di raccogliere le nostre istanze. Lei è disponibile a farlo?
Caramente,
Suo Tex Willer, dalla periferia delle campagne del Trentino