Ecco, una volta tanto invece di lagnarci delle magagne del vino trentino, possiamo prendercela con una guida. La nuova edizione tanto attesa dei Vini dell’Espresso 2017 esce dopo l’uscita (scusate il bisticcio di parole) del duo Fabio Rizzari ed Ernesto Gentili, come promesso, in nuova veste editoriale, che, scusate l’ulteriore bisticcio logico, non è nuova affatto, ma identica nel formato e nella grafica alla precedente (più o meno). La discontinuità continuativa e stata affidata ad Antonio Paolini, onesto professionista abruzzese che vive o viveva a Roma dalle parti del Messaggero, con qualche incursione in guide come Vinibuoni d’Italia e soprattutto delle birre di cui ha creato un pregevole libello per l’Espresso. Andrea Grignaffini invece è emerso dal fighettissimo Spirito Divino con l’aura e l’imponente testa riccioluta e barbuta del vero maître à penser.
imageLa novità della nuova guida all’Espresso doveva essere una lista dei 100 migliori vini italiani (tipo Oscar del vino Bibenda), e purtroppo lo è stata, ma moltiplicata per tre. Ribadiamo purtroppo. Perché non essendoci un Robert Parker dietro il triplice elenco non contrassegnato da punteggi, la classifica si rivela un elenco per supposta importanza da mischia rugbystica. Un mischione insomma, che mischia e rimesta ogni ben di dio, e meno, enologico incasellando da uno a cento vini bianchi, rossi, rosati, spumantizzati, economici e costosissimi senza alcuno individuabile senso logico se non l’arbitrio dei suoi estensori. Non si comprende infatti la metodologia adottata dai due curatori con i pochi collaboratori: il punteggio? E quale? I centesimi o i millesimi trattandosi di una centuria. E con i punteggi pari merito come si sono regolati i curatori se non, evidentemente, con una decisione soggettiva?
Ma metodologia a parte veniamo ai tre elenconi: si comincia dalla sezione “Bere Subito” dedicata ai vini “pronti” di cui il primo posto è occupato dal Barbaresco Crichët Pajé Paglieri Roagna dal prezzo indicato di 600 euro (in realtà ne costa poco più di 400) del 2007 (insomma cominciamo bene), “da stappare con piacere già dal giorno di uscita di questa pubblicazione: questo non significa però che si tratti di vini “in scadenza” (e ci mancherebbe). Poi la sezione “Comprare” (evidentemente le altre due categorie non lo sono), dedicata a vini per i quali “il valore emerso nei nostri assaggi supera il prezzo con cui vengono proposti al mercato, rendendone vantaggioso l’acquisto”. E infine i vini da “Conservare” riservato a ”vini di grande stamina, ad alto tasso di complessità e con prospettive di sicuro, ampio e progressivo miglioramento” ecc. ecc. Ecco, peccato che proprio in questo elenco spicchi il grande Giulio Ferrari 2005 uno dei pochi vini trentini presenti, che per dire, non che non valga la pena conservarlo in cantina, però per regola enologica universale viene sboccato quando il suo cantiniere, in questo caso l’ottimo Ruben Larentis, lo ritenga pronto per la beva. Ora appunto.
Terminato l’elenco degli elenchi, passiamo alla seconda sezione della guida, suddivisa per regioni e cantine e tipologie per ovvie esigenze di foliazione della guida con schedine aziendali e nuovi elenchi (in ordine di classifica?) di vini suddivisi nelle tipologie. Il tutto a 18 euro. Insomma la guida presentata ieri su Alto Adige e Trentino con meno enfasi e spazio del solito (forse perché l’Espresso ha appena venduto le due testate all’Athesia?), non risulta riuscitissima. I curatori e collaboratori, di cui vari noti ed apprezzati, possono certo fare di meglio. Molto meglio.