Nel concavo di gesti disanimati, si rivelano, improvvisi, le geometrie silenziose del disamore, il deserto del sentire, il nulla declinato in tutte le sue finte intimità. E giace, al fondo, la paura di non essere per sé e per alcuno. E noi, dentro quel lacerto opaco, noi che consumiamo i giorni e i secoli dell’abbandono, marcescenti e vivi per posa e vanità; noi…gli ultimi della stirpe, quelli a cui il mondo accade, scade, cade.