È una sporca faccenda, quella della Cantina Mori Colli Zugna. Non so se abbia anche un regista. in fondo conta poco: alla fine importano solo gli esiti oggettivi. Non le persone e le loro funzioni. Ma so, invece, a chi giova questa sporca faccenda, che ormai esala la puzza di un cadavere putrescente; e non a caso rubo le parole usate a suo tempo da Rosa Luxemburg. Ancora un po’ di pazienza: lo scriverò alla fine di questo post a chi giova, a chi ha giovato, questa sporca faccenda.

Quando, a fine estate 2017, trapelò notizia del licenziamento del direttore generale della coop lagarina, a cui si attribuirono imprecisate e generiche responsabilità nella gestione degli stoccaggi, si annusava già l’odore dolciastro della merda. L’odoe della merda d’artista. Allora scrissi: « Prima o poi salterà fuori anche una botola nascosta sotto il tappeto dell’ufficio del direttore e sotto quella botola scopriremo anche una raffineria di eroina ». Peccai di ottimismo, allora. Perché di giorno in giorno, lungo questi cinque mesi di tribolazione, gli eventi hanno superato di gran lunga il mio paradosso.

Con la tempistica meticolosa e la mira spietata del bounty killer, ambienti che avevano dimestichezza con le carte più o meno riservate della coop hanno cominciato a far circolare notizie sconcertanti e clamorose. Notizie di per sé verosimili e persino vere; ma usate in quel modo, date in pasto prima alla stampa e quindi ai soci, senza un’adeguata contestualizzazione e una corretta interpretazione, hanno avuto l’impatto della più oscena delle fake news, quelle che eccitano il ventre molle e scatenano inesorabili istinti fecali. Chi, dolosamente, fece  trapelare quelle notizie, e in quel modo, sapeva bene  che l’effetto sarebbe stato devastante e che così facendo si sarebbe imboccata finalmente la strada del discredito senza ritorno. Della vergogna senza riscatto.

Perché, quando fai circolare una notizia come quella delle botti caricate ad acqua, la sola cosa che resta fissata nella pancia dei consumatori, dei lettori, dei contadini cooperatori, è questa: un maledetto malandrino sta adulterando il vino. Puoi spiegare fin che vuoi, dopo, che invece si trattava solo di un banale, e veniale, seppure rozzo, artificio per coprire temporaneamente un’imprudenza cartacea. che  alla Colli Zugna il vino non si è mai fabbricato con l’acqua. Puoi spiegarle fin che vuoi, fino alla noia, fino alla morte, queste cose: ma sarà stato inutile. La sentenza è già stata scritta.

Perché quando fai circolare la notizia che in cantina si fanno affari d’estate a 30 centesimi litro, tu puoi sgolarti fin che vuoi a spiegare che il prezzo medio del vino da tavola è di euro ettogrado (fonte Ismea 2017). L’effetto devastante è già scritto: qualcuno sta svendendo la cantina e si sta tirando su le maniche; e magari si sta anche riempiendo le tasche alle spalle dei contadini. Tutto il resto, mercuriali, prezzi tabellari, andamento del mercato, non conta. Non passa neppure. Resta solo l’onta del discredito del vino svenduto a 30 centesimi litro.

Non so chi abbia ordito questa operazione. Ma poco importa, perché questo non è un complotto. È, al contrario, un disegno politico tanto intelligente e raffinato quanto reazionario e violento che avvantaggia esclusivamente la ferrea egemonia padronale sulle campagne contadine e sulle sue materie prime. Mettendo a tacere, o almeno provandoci, le voci dell’autonomia e del protagonismo territoriale. Insomma questa è una sporca faccenda. Una sporca faccenda di potere. di violenza di classe. Nel fangoso stile cooperativo.