La Commissione europea ha appena licenziato una norma che introduce una deroga alla restrittiva disposizione generale che regola le operazioni di arricchimento, acidificazione e deacidificazione del vino; consentendone l’esercizio anche nelle zone limitrofe a quelle di raccolta delle uve. Ora l’iter proseguirà in aula. E, visti gli interessi industriali in gioco, la deroga sarà servilmente approvata dagli euromezzadri di Strasburgo.
Non meraviglia che l’Europa vari norme di queste stampo, che annacquano il principio di origine della materia prima. Non meraviglia perché questo è un approccio conseguente al modello multinazionalistico e agroindustrialista, di cui gli organismi di Bruxelles sono coerente strumentazione funzionale.
Non stupisce che in Trentino i boiardi cooperativi abbiano prontamente esultato. Non stupisce l’eiaculante entusiasmo con cui un pratico liberista pluripadronale come Lorenzo Libera, presidente di Viticoltori in Avio, presidente di Cavit e vicepresidente di Venezie Doc, oggi ha commentato la notizia: «Sono soddisfatto per l’approvazione dell’emendamento, che persegue un’utile semplificazione a favore dei vinificatori»”. Una vibrante eccitazione, quella provata ed esibita dal compostissimo manager cooperativo, su cui nessuno con un briciolo di buon senso avrebbe mai scommesso. Fino ad oggi.
Meraviglia e stupisce al contrario, ma fino ad un certo punto, il silenzio complice e ignavo della politica trentina, di governo e di opposizione, che un giorno sì e l’altro anche si trastulla, anzi si masturba, gracchiando il canto stonato dell’identità territoriale. Anche nell’agroalimentare. Che da domani, ma forse già da ieri, anche per il Trentino sarà, è, l’agroalimentare industriale limitrofo.
È lo pseudonimo collettivo con cui fin dall’inizio sono stati firmati la maggior parte dei post più trucidi e succulenti di Territoriocheresiste. Il nome è un omaggio al protagonista del Barone rampante, il grande capolavoro di Italo Calvino. Cosimo Piovasco, passa tutta la sua vita su un albero per ribellione contro il padre. Da lì, però, guadagna la giusta distanza per osservare e capire la vita e il mondo che scorrono sotto di lui.
Quanto tempo è passato eh Tiziano; ti ricordi? ero una delle tue commentatrici più assidue, anche se tu non apprezzavi. Comunque vedo che vai avanti e non hai tradito le tue (nostre) promesse!
Un abbraccione
Tua Curiosa&Sospettosa
Eh…cara la mia Curiosa preferita e invece da allora, dai tempi eroici e barricaderi di trentinowine sono cambiate un sacco di cose. Ma tante eh…
…Ricambio l’abbraccio comunque!
e “hasta siempre” ….
Cara la nostra amica dei tempi migliori ….. Sono contento tu sia ancora con noi anche se penso che in questi anni i tuoi hot pants siano divenuti long …… Ma come si dice “basta lo spirito” ad ogni età e qui puoi trovare massima qualità e giusta gradazione
Alla luce di quello che si prospetta, riprendo anch’io la conclusione ficcante di Giuliano Preghenella: A questo punto o le cooperative tornano in mano a noi imprenditori o è la fine. Mi piace anche e soprattutto quell'”imprenditori”. Non ci vuole molto a convenire che soprattutto i conferenti alle Cantine sociali si sono nel tempo ridotti a mezzi imprenditori, delegando a mezzi amministratori le sorti di metà responsabilità loro. E se i mezzi amministratori sono al contempo anche ai vertici di un sindacato che i conferenti non li vede esattamente imprenditori (come nel caso di Giuliano) o siedono solo per qualche arcano motivo ai vertici del secondo grado, la frittata è fatta. Forse è il caso di organizzarsi almeno in vista della prossima assemblea ordinaria, anche se la materia ne invocherebbe una straordinaria.
Trovo importante alla fine il commento : “A questo punto o le cooperative tornano in mano a noi imprenditori o è la fine.”
Mi permetto ricordare che le cooperative nacquero all’inizio dello scorso millennio per aiutare agricoltori ignoranti e famiglie di paese bisognose.
Poi, si sono trasformate negli anni ’50/60 in vere banche cioè :
tu mi dai-io ti do – gli interessi sono miei-e se sono pochi – ti do di meno …
E tu ringrazia e vota chi dico io !
In sostanza un mutamento in doppiopetto che nato dalla pellagra, dal gozzo, dalla risipola, dalla peronospera e da tutti i mali di quell’epoca lontana, si è trasformato in commercializzazione spinta con la voglia di guadagno spesso non commisurata alle realtà dei conferenti e neppure – spesso – a quelle del mercato nazionale e internazionale. Si è costruita così una economia sbilanciata nei programmi, nelle acquisizioni come pure nelle dismissioni di svariate cooperative locali. Poi, per confondere ancor più le idee sono nati i consorzi sui quali sarebbe utile scrivere un libro vista la non rappresentanza dei conferenti e i nebbiosi indirizzi economico-social/territoriali.
Non capisco, è una decisione che va contro quella cosa che da noi viticoltori viene pretesa ogni istante: la “qualità”. E’ proprio il contrario di quello che servirebbe ora…
Ma quello che più mi dispiace è che sono decisioni prese lontano dai filari,
lontano da noi imprenditori, scelte fatte da manager a cui importano poco le conseguenze a lungo termine, per forza esultano.
Questa crisi non ha proprio insegnato nulla.
Siamo nella quarta rivoluzione industriale ma nella cooperazione è come se fossimo fermi ai tempi di Taylor quando gli operai alla catena di montaggio erano considerati dei bovini incapaci di pensare, capaci solo di obbedire. Il pensare era esclusività dei vertici…
Mi dispiace ma così non si va lontano.
A questo punto o le cooperative tornano in mano a noi imprenditori o è la fine.