La Commissione europea ha appena licenziato una norma che introduce una deroga alla restrittiva disposizione generale che regola le operazioni di arricchimento, acidificazione e deacidificazione del vino; consentendone l’esercizio anche nelle zone limitrofe a quelle di raccolta delle uve. Ora l’iter proseguirà in aula. E, visti gli interessi industriali in gioco, la deroga sarà servilmente approvata dagli euromezzadri di Strasburgo.

Non meraviglia che l’Europa vari norme di queste stampo, che annacquano il principio di origine della materia prima. Non meraviglia perché questo è un approccio conseguente al modello multinazionalistico e agroindustrialista, di cui gli organismi di Bruxelles sono coerente strumentazione funzionale.

Non stupisce che in Trentino i boiardi cooperativi abbiano prontamente esultato. Non stupisce l’eiaculante entusiasmo con cui un pratico liberista  pluripadronale come Lorenzo Libera, presidente di Viticoltori in Avio, presidente di Cavit e vicepresidente di Venezie Doc, oggi ha commentato la notizia: «Sono soddisfatto per l’approvazione dell’emendamento, che persegue un’utile semplificazione a favore dei vinificatori»”. Una vibrante eccitazione, quella provata ed esibita dal compostissimo manager cooperativo, su cui nessuno con un briciolo di buon senso avrebbe mai scommesso.  Fino ad oggi.

Meraviglia e stupisce al contrario, ma fino ad un certo punto, il silenzio complice e ignavo della politica trentina, di governo e di opposizione, che un giorno sì e  l’altro anche si trastulla, anzi si masturba, gracchiando il canto stonato dell’identità territoriale. Anche nell’agroalimentare. Che da domani, ma forse già da ieri, anche per il Trentino sarà, è, l’agroalimentare industriale limitrofo.