[ illustrazione a cura di  Domenico La Cava© ]

Riduzione delle rese (e delle rivendicazioni): il dado è tratto. Una delle più grandi denominazioni italiane, e quindi mondiali, quella del Pinot Grigio industriale,ha avviato l’iter per il taglio drastico della rivendicazione della produzione doc da immettere sul mercato. Lo ha deciso un paio di giorni fa il CdA del Delle Venezie Doc.
Una scelta che arriva ora, sull’onda dell’emergenza Covid e della spada di Damocle sempre incombente dei dazi Usa, ma un tema sul tappeto ormai da molti anni; traducibile in estrema sintesi così: quantità vs qualità.
Ora, però, si comincia a passare ai fatti. Fra qualche giorno inizieranno le consultazioni con la tutta la filiera del Pinot Grigio, poi la palla passerà alle Regioni (e alla Provincia di Trento) e infine al Ministero. Quello che è certo è che la decisa sterzata pinotgrigista è destinata a produrre effetti a cascata su tutte le denominazioni territoriali nordestine. La Trentino compresa.
La strada, e non è neccessario possedere arti divinatorie per prevederlo, sarà tutt’altro che facile. Anzi sarà una strada in salita. E densa di pericoli. E di ostacoli. E di agguati. E come, e quando, finirà è troppo presto per dirlo. E che sia così, lo dimostra il modus  con cui ieri il presidente del Consorzio, Albino Armani, ha dato la notizia: confondendola e diluendola dentro le tante parole (interessanti sì, ma non quanto la notizia sui limiti alla rivendicazione) di un’intervista lunga 35 minuti rilasciata a Nicolò Gambarotto per il canale TOP-TASTE OF PASSION (al minuto 22).
Una scelta di comunicazione che è sostanza: Armani, dimostrando di possedere tanta finezza tattica almeno quanta lungimiranza strategica, ha scelto di non turbare, e di non mettere sull’avviso, i numerosi oppositori che da domani troverà sulla sua strada. A partire dagli industriali cooperativi del Trentino che vedono come fumo negli occhi la riduzione delle rese; e che come la pensano lo hanno già fatto sapere, mettendolo nero su bianco in una lettera firmata da Pietro Patton, presidente di Consorzio Vini del Trentino, e indirizzata all’Assessorato all’Agricoltura della PAT: «Per quanto attiene il livello locale, ad un generico ed indistinto calo delle rese delle produzioni Doc […] il Consorzio esprime perplessità. Limitare la resa in questa fase agronomica […] sarebbe imprudente e potrebbe pregiudicare la possibilità di reddito per moltissimi agricoltori. Le logiche di mercato non danno inoltre alcuna evidenza di come al calare delle rese corrisponda una crescita del prezzo che viene influenzato da una pluralità di fattori”.
Oppositori, conservatori e reazionari a parte – e a parte anche i ciechi e biechi manager coop trentini – la macchina della riforma, che assomiglia ad una rivoluzione per le campagne e i territori del Nord- Est, è partita. Ed il motore è stato acceso da quella che noi enofighetti abbiamo sempre considerata la più cialtrona e cafona denominazione industrialista del vino mondiale. Sbagliando.