Per l’importanza che la cooperazione riveste in Trentino l’imminente elezione dei suoi vertici non trova gli spazi che i media riservano a consultazioni che verranno, come ad es. la corsa per il sindaco di Trento. La sensazione è che tutto sia già deciso, che i cosiddetti poteri forti ci metteranno il cappello anche stavolta.

Eppure è una questione epocale per cooperatori e non, dato che ne siamo direttamente o indirettamente coinvolti tutti da molteplici punti di vista.

Credo che il motivo principale di questa abulia vada cercato – nonostante analisi su analisi – nel vero nocciolo della questione, ossia se la cooperazione debba tornare ai suoi fondamentali o se, sull’onda della globalizzazione, debba continuare nella svolta “industriale” impressa al sistema negli ultimi decenni.

Una svolta che ha funzionato sul piano del business (anche in tempo di pandemia) assicurando un reddito agli addetti, ma che ha lasciato scoperti aspetti non meno importanti per il vivere civile, primo fra tutti quello territoriale.

La domanda allora è: c’è modo di far convivere i due modelli? E se sì, chi dei tre principali candidati alla presidenza di Federcoop sarà in grado di attuare questo disegno?

Roberto Simoni, che è un cooperatore dell’ultima ora e sui generis, è stato indicato da 23 personaggi che sostanzialmente rappresentano i sopracitati poteri forti, quelli che si riservano il diritto di mandarne avanti uno sapendo di poterlo pilotare verso le mete d’interesse. Piegando le situazioni all’esigenza del momento, fregandosene dei valori fondanti e avendo il business come obiettivo. Una candidatura che quindi ha il pregio di essere chiara nella sua essenza, ma dove l’uno che vale uno te lo puoi dimenticare: largo al management che assicura un reddito purchessia.

Andrea Girardi che cooperatore non è, ha fama di tecnico, manager, commissario per sanare situazioni deteriorate. Anche in cooperative di primo grado, come quella che gli ha dato fama di mago, a Lavis. Una magia, quella di cedere a buon prezzo asset preziosi per un futuro non omologato, di cui saremmo stati capaci tutti. Non è quindi l’uomo del rilancio, semmai un ponte che non si sa dove porti.

Il terzo è Geremia Gios, cooperatore nell’animo, attrezzato a contrastare chiunque e il suo curriculum lo conferma. Non risulta si sia mai piegato, forte dei suoi ideali, magari scomodo, anzi ingombrante per il suo argomentare tanto semplice quanto incontestabile se vuoi mantenere la schiena dritta. Il più pericoloso per i poteri forti che hanno faticato non poco per mettere all’angolo la Mattarei che era la sua espressione. La Mattarei è stata anche il segnale che la cooperazione diffusa c’è ancora ed è sana, ma senza un impegno in prima persona di Gios i giochi stavolta sarebbero già stati fatti. La C.R. di Rovereto navigava in cattive acque, stava per essere spolpata, lui si è dedicato a salvarla e ora cerca lei un partner per rinforzarsi, altro che regalare asset. E che dire dei giovani che in questa vicenda lamentano l’emarginazione? Non è forse il prof. Gios quello più vicino al loro sentire? Non è lui che si mantiene giovane continuando a formare i quadri dirigenti del domani?

Allora coraggio, giovani e meno giovani: teniamo gli scarponi ben ancorati nel passato, ma col cervello volto al futuro.