La prossima edizione, nel 2021, festeggerà il ventennale. Quello di una manifestazione decisamente insolita e (ancora) innovativa: premiare un vigneto e non il vino di uno specifico ambito e tipologia varietale. Vigna Eccellente, comunque, di Marzemino, il vitigno sinonimo d’Isera.
Ieri in un freddoloso parterre doverosamente ‘scremato’ causa Covid s’è svolta – sotto un tendone incastonato nel palazzo comunale – la rituale premiazione. Indiscutibili i giudizi della variegata giuria, capitanata dal professor Attilio Scienza, impareggiabile esperto di storie enoiche e austero quanto amicale ambasciatore della Vite, quella con la V assolutamente maiuscola.
Vite e Vigna, una lettera iniziale che non collima però con la v di Visione che pure il Premio stenta a rilanciare. Non per incapacità o miopia dei promotori della “Vigna Eccellente”, ma piuttosto per l’incredibile – proprio così – disinteresse di quanti dovrebbero gestire il comparto enologico legato proprio al Marzemino. Un vino che rischia non tanto l’estinzione, ma una drastica perdita d’identità, di valore specifico, di fascino e genuina bevibilità. Per incuria e appunto scarsa visione. Che neppure il significativo – encomiabile – Premio alla Vigna riesce ad indicare.
Basta analizzare l’andamento vendemmiale degli ultimi anni. Produzione in calo, vinificazioni omologate, che stentano a rilanciare il sogno, l’ebbrezza, la godibilità di un ‘vino gentile’ – così veniva chiamato il Marzemino d’Isera – che suscitava pure immagini della bellezza del territorio dove meglio esprimeva i suoi caratteri organolettici. Che cosa rimane, in sostanza, delle selezioni di Marzemino dei Ziresi o delle peculiarità di quello d’Isera? Poco, troppo poco.
Gran parte della vendemmia è scaricata solo sulla collaudata DOC, che certo non rende giusto onore ad un vino davvero simbolo della Vallagarina. Neppure il rafforzativo Superiore è finora riuscito a tracciare giuste indicazioni. Neppure di mercato e men che meno tra i consumatori più attenti.
Il Marzemino purtroppo spesso è svenduto, a prezzi – su scaffali di grandi centri commerciali – che raggiungono a stento i 3 Euro la bottiglia!
La sfida produttiva stravolge una sana competizione tra cantine cooperative e vignaioli artigiani, in una diatriba che non rende giustizia (onore) proprio al Marzemino stesso.
Manca una visione su come tutelare questa chicca squisitamente lagarina. Da quando il Consorzio di Tutela del Marzemino ha chiuso i battenti (prima del 2000 ) nulla s’è fatto per onorare il vitigno di casa, da qualche secolo radicato su specifici terreni basaltici (Isera) o nelle anse alluvionali di Volano. Due zone uniche nel suo genere. Inimitabili, enoicamente parlando.
Vigneti suggestivi certo non mancano. Ad esempio quello di Maso Romani, a Volano, realizzato da Cavit è un vero giacimento enoico tutto impostato sul Marzemino. Filari disposti a rombo, per una suggestione estetica oltre che colturale. Perché non viene usato come ‘fucina d’idee’ legate a questa varietà?
E ancora. Le cantine sociali non hanno incoraggiato molti giovani a scommettere sul Marzemino. Molti figli di storici viticoltori hanno sradicato marzemino per piantare pinot grigio o varietà destinate alla spumantistica. Stravolgendo l’identità di un territorio, le sue specificità.
“Il rischio è – come ha ribadito Nereo Pederzolli, Ambasciatore delle Città del Vino, componente la Giuria, in apertura della Vigna Eccellente – che il Marzemino scompaia dall’elenco delle … eccellenze. Che nessun premio alla Vigna riuscirà a compensare”.

Pseudonimo collettivo, con cui sono firmati alcuni dei posti più spinosi di Territoriocheresiste. Il nome si ispira ad un personaggio “alcolico” dei fumetti. Superciuk, creatao da Max Bunker per l’albo Alan Ford, è l’alter ego di Ezechiele Bluff. Nella vita quotidiana è uno spazzino squattrinato, irascibile e dedito all’alcol. In seguito all’esplosione di una distilleria, però, ha acquistato un temibile superpotere: una fiatata alcolica dall’odore nauseante che gli consente di mettere fuori combattimento qualsiasi avversario.
Sfruttando questa caratteristica, che alimenta con le continue bevute di cattivo barbera e vini meno nobili, Superciuk indossa un costume (composto di maschera, mantpregiulianoellina, fiasco, palloncino per volare e un corsetto che rende irriconoscibile la sua altrimenti pingue figura) e imbocca la via del crimine. Nel n. 143 riacquista i superpoteri grazie a un diverso ingrediente, i pomodori alla cipolla agliata.
Il personaggio di Superciuk è un antieroe concepito come il negativo di Robin Hood: egli ruba ai poveri per dare ai ricchi. Persegue in realtà un vero e proprio ideale: nel suo lavoro di netturbino si imbatte infatti sovente in un’umanità miserevole, poco attenta all’igiene, laddove i ricchi sono a suo dire educati e rispettosi della pulizia delle strade. Questo quadro è lo spunto di feroci attacchi satirici alla società italiana dei primi anni 1970, ma ha conservato la sua attualità.
Superciuk è coniugato con l’energica banditessa Beppa Giosef, di cui subisce le continue angherie. È inoltre protagonista dell’unico cortometraggio animato di Alan Ford, intitolato Alan Ford e il gruppo TNT contro Superciuk.
ancora con questa storia del marzemino!?
buono è buono!
le cantine lo sanno fare bene
ha un bel nome,dolce e scorrevole,non come teroldego,che è rozzo e inciampa nei denti
non ha mai preso i tre bicchieri,ma tanto chi se ne frega.si sa come funziona quel circo equestre…basta ungere!
non è simpatico ai giornalisti accreditati….chi se ne frega,quelli stanno sempre dalla parte del più forte!
a me piace,finchè ci sarà me lo berrò,alla faccia dei grafici di produzione,alla facccia di chi assaggia cose migliori,alla faccia di scrive commenti sui giornali in un italiano da paura,alla faccia di chi è invitato alle premiazioni e con la faccia tosta che si ritrova sputa nel piatto dove mangia ,fingendo schiettezza mostrando invece solo un atavico pregiudizio.
viva il marzemino,viva chi se lo gusta senza tante menate e viva tutte le luganege che ghe va drio!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Ugo, non so se lei abbia ragione quando parla di pregiudizio, di circo equestre, di giornalisti prezzolati che stanno con il più forte: sono le sue opinioni. E va bene. Però poi ci sono anche i numeri, che, è vero, si possono tirare da una parte e dall’altra. Ma qualcosa sono in grado di dire.
Le metto in fila questi (la fonte è la camera di commercio, documento sulle produzioni agroalimentari 2018 e 2019).
Nel 2018 sono state prodotte 1.488.681 bottiglie di Marzemino, cosi suddivise: 1.380.850 attribuite alla Doc generica, 18.300 alla Doc Superiore, 71.529 alla Doc Superiore di Isera e 18.002 alla Doc Superiore dei Ziresi. Se ne deduce che il 93 % del Marzemino imbottigliato gravita sulla denominazione di base (quello venduto fra i 3 e i 5 euro). Mentre solo il 7 % esce sul mercato con le qualificazioni superiori. Mi pare che già questo sia un problema. E anche al di là delle preferenze e dei giudizi degustativi.
Se poi proviamo a fare un calcolo della produzione potenziale di Marzemino, confrontando questi numeri con la vendemmia dell’anno precedente, si scopre che parecchi ettolitri di Marzemino non vengono nemmeno imbottigliati. Ecco i numeri, seppure con un calcolo approssimativo. Complessivamente sono stati vendemmiati nel 2017, 18,586 quintali di uve rientranti nella Doc e nelle sue 4 declinazioni (15822 nella Doc base, 450 nella doc Superiore, 1747 nella doc Isera e 567 nella doc Ziresi). Verosimilmente questa massa di uve avrebbe dovuto generare circa 1.735.000 bottiglie. Quindi all’appello diciamo che approssimativamente mancano 250.000 pezzi. Cosi suddivisi, i pezzi mancanti: 96.000 sulla doc di base, 24.000 alla doc superiore, 93.000 alla doc Isera e infine 35.000 alla superiore dei Ziresi.
Mi pare che questi numeri, tirandoli pure dove si vuole, mettano in evidenza un problema che riguarda soprattutto i segmenti del Marzemino di qualità. E davvero senza alcun pregiudizio. Anzi, il contrario.
no cosimo piovasco da bordeaux,non sei certo tu il tipo di giornalita che detesto.anzi!
sono ben altri,da troppi anni al servizio del potere,a cui fa comodo,anche attraverso un vino,tenere poco in considerazione il basso trentino….e questa storia lunga fino alla nausea,mi ha stufato per l’ennesima volta.
Quando scrivi che il basso Trentino (enologico) è tenuto in bassa considerazione, hai ragione. Del resto ricordo la battuta fliquidatoria di un vecchio ed emerito professore di San Michele sulla Vallagarina: “terra di ambrusche, ambruscolandia”. È vero che dietro questo atteggiamento, di professori e giornalisti, di opinionisti e di professori, c’è una funzionalità politica utile al più forte. Ma mi chiedo, e gli attori lagarini, la comunità dei suoi produttori, i contadini lagarini? Dove sono? Dove erano? Comunque w il Marzemino (anche quello Neozelandese, vedi la foto allegata)
File Allegato
OSTREGA!!!!!!!!!!!
aio!
qui necessita l’accabadora.
se il marzemino fosse una persona fisica ,potrebbe accusare di mobbing l’universo enologico trentino,che da decenni lo punzecchia,lo maltratta,lo infama,lo svilisce e lo perseguita.
io non ho consigli da dargli,ma difonte a tanti” dotti,madici e sapienti”mi viene da urlare:
ALZATI E SCAPPA
ANCHE SE TI SENTI MALE
VAI SCAPPA….SCAPPA!
perchè qui c’è un sacco di gente,giornalisti compresi, che sulle tue disgrazie,purtroppo ci campa.
Molto semplicemente penso che se dietro una produzione non c’è una comunità attiva che vi si identifica, tutto diventa merce. E così è capitato che Marzemino di Isera (e dei Ziresi) scomparisse dal radar. Ti lascio un paio di grafici che possono dare l’idea.
File Allegato marzemino-uva.pdf
segue il grafico degli imbottigliamenti
File Allegato marzemino-vino-1.pdf
grafico interessante!
forse,ma correggimi se sbaglio,il marzemino è un vino che affascina maggiormente chi lo conosce ma non è trentino, piuttosto che i produttori stessi e i consumatori locali.
tentati ,anche,questi ultimi ,da una sempre maggiore e facile offerta di tanti altri vini che affollano il mercato on line.
per esempio, durante il lock down, tanti consumatori hanno avuto modo e si sono anche abituati a poter avere in casa delle ottime bottiglie da fuori regione .
se vogliamo ,è un pò come beffardamente scoprire che ci
si può innamorare di tante persone e non solo di quelle che si hanno in casa(non so se ci sono riuscito,ma ho cercato il modo più corretto di esprimere il concetto senza essere sessista)
L’altro giorno, volendo spedire una buona bottiglia per un piacere riservatomi da una persona, all’enoteca del Corso del capoluogo trentino, mi è stato detto che di tipici ci sono Nosiola, Marzemino e Teroldego. Pur sapendo con quale bottiglia avrei fatto bella figura, non me la sono sentita di scegliere un Marzemino. Proprio parafrasando il contenuto poi letto su questo post mi son venute 7 domande:
1. L’eccellente Marzemino, il gentile Marzemino, chi se lo ricorda più?
2. Dov’è mai finita la sana rivalità fra Marzemino dei Ziresi e Marzemino d’Isera?
3. Dov’è mai finita la DOC Trentino che pare non servire più? E la DOC “superiore” (mai decollata) non è forse un errore concettuale perché nel subconscio condanna all'”inferiore” tutto il resto?
4. I prezzi (sintesi dell’imprenditore) se bassi, non dovrebbero stimolare i produttori a darsi un progetto di rilancio piuttosto di optare per una tipologia (Pinot grigio) sui cui prezzi non potranno mai incidere?
5. Il Consorzio di Tutela del Marzemino: mi par di vedere Flavio Salvetti, ultimo ispirato presidente, allargare le braccia e alzare gli occhi al cielo… che ci vuoi fare?
6. Maso Romani: chi se lo ricorda più il solenne impegno dei tecnici Cavit di farne un centro motore per questo vino?
7. Dov’è sono le Cantine sociali che potrebbero interagire con i produttori privati per un piano di rilancio del Marzemino?
Sembra passata un’era geologica e il rischio paventato da Nereo Pederzolli di perdere questa eccellenza sembra già realtà.
PS. Anni fa il metanolo ci mise in ginocchio, ma grazie a quella crisi si ripartì con una nuova visione e si parlò di “san metanolo”; che convenga appellarsi a “san covid”?