Conto alla rovescia per il Beaujolais Noveau
In Trentino è già sulle tavole il Novello di Teroldego
Novembre, è tempo di vino novello. Un rito che si rinnova di anno in anno soprattutto in Francia dove la data di uscita del Beaujolais Noveau (il terzo giovedì di novembre e non sono ammesse deroghe) è preceduta da un battage che scandisce, giorno dopo giorno, le tappe del fatidico evento: quest’anno il 19 novembre. E quel giorno sarà festa grande all’insegna del motto: il Beaujolais Noveau est arrivèe.
Da noi, in Italia, purtroppo, da qualche anno il Novello sta perdendo l’appeal che si era conquistato grazie anche a Pino Khail che lo aveva fatto conoscere nel mondo. Oggi i 25 milioni di bottiglie di 15 anni fa sono solo un ricordo: non raggiungono nemmeno i 3 milioni di bottiglie. La colpa? Non è solo questione di moda. Purtroppo si erano inseriti nel business i soliti furbacchioni che hanno svilito il prodotto lanciando il Novello con le uve più disparate, dalla Val d’Aosta alla Sicilia, fregandosene del disciplinare di produzione (la macerazione carbonica che esalta le caratteristiche dell’uva appena raccolta).
Risultato? Gli amanti del buon vino lo hanno abbandonato con le conseguenze che vediamo. Per fortuna in questo mare di lacrime alcune aziende, quelle più serie, hanno continuato a produrlo come prescrive il disciplinare. In particolare in Trentino che vanta quello che è considerato il vitigno ideale per la produzione del Novello: Sua Maestà il Teroldego. Vitigno che consente di ottenere un vino, il primo della vendemmia, che regala emozioni fin al primo sorso. E la cui vinificazione in Novello fu intuita e messa a punto per primo da Luciano Lunelli, il patriarca dell’enologia innovativa alpina scomparso poco più di un anno fa. Un vino, il Novello, che precede di qualche giorno la ricorrenza di San Martino (11 novembre), cara ai contadini, che chiude la stagione dei raccolti e consente di fare il bilancio di un anno di lavoro.
Trent’anni fa o giù di lì fui tra i pochi giornalisti a promuovere il Novello (nessuno sapeva che diavolo fosse, molti lo confondevano con il mosto, col “vin novo” e col “torbolino” da assaggiare con le castagne). E fui tra i primi a ribadire che era proprio il Teroldego il vitigno ideale per esaltare il Novello anche per le caratteristiche che lo avvicinano al Gamay francese, padre del Beaujolais. Fondamentale è la tecnica della macerazione carbonica al 100%, non un surrogato. Ed è il motivo per cui per colpa di certi furbetti del quartierino in Italia è scemato l’interesse per questo vino. Ma non in Trentino fortunatamente. Ed il merito è di pochi, ma buoni e bravi vignaioli.
Nei giorni scorsi ho assaggiato il mio preferito: il Novello dell’Azienda agricola Zeni di Grumo, San Michele all’Adige. Colore rosso rubino intenso e brillante con delle bellissime tonalità violacee. Al naso è una vera apoteosi di frutta (ciliegia e marasca in particolare). In bocca è fragrante, suadente, morbido, ammaliante. Una spremuta d’uva, profumatissima, appena raccolta. Chapeau. L’ho assaggiato con il frico (formaggio fuso con le patate, tipico della cucina friulana) preparato dalla mia mogliettina (ferrarese d’origine con mamma friulana). Una meraviglia. In alto i calici. E lunga vita al Novello, se fatto come Cristo comanda. In alto i calici.