Mi autodenuncio: non sono mai stato innamorato del Marzemino. Forse da giovane: ma allora andava bene tutto e poi il Marzemino si identificava con la iconica Etichetta Verde, che Mauro Baldessari, l’enologo più punk rock che abbia conosciuto, creò per i Produttori Sociali di Isera. Le mie frequentazioni con il Marzemino finirono in quell’epoca. A questa varietà, raramente, poi, diedi confidenza. E invece oggi è accaduto qualcosa di nuovo. E di antico. Al tramonto del 2020. Una bottiglia arrivatami casualmente fra le mani e poi in bocca: Marzemino Trentino Doc 2019 – Albino Martinelli. E sono tornate le suggestioni della maledetta giovinezza delle osterie e della benedetta Etichetta Verde di Baldessari. Molto tipico: i fruttini rossi, il rubino violaceo, il tono erbaceo accentuato dalla carica tanninica caratteristica (e non sempre piacevole, ma non in questo caso) del Marzemino. Epperò questa tipicità, che per lo più risulta ostica e ostile alla beva goduriosa, nella bottiglia di Martinelli risulta straordinariamente amalgamata e costruita sulle sfumature. Con equilibrio. E così oggi ho fatto pace con il Marzemino; perché lo ho trovato piacevolissimo, costruito secondo i canoni di un’architettura enologica capace di coniugare tipicità e bevibiltà. Non a caso dietro l’etichetta di Martinelli ho saputo esserci il lavoro minuzioso di Flavio Cristoforetti, epigono creativo della lezione punk rock di Baldessari. Marzemino Albino Martinelli 2019: un vino da bere con facilità e soddisfazione, senza abiurare il territorio. E soprattutto senza sentirsi stringere le mascelle, come spesso capita con questa varietà. #territoriocheresiste