Non so, davvero non lo so, se la compagna Agi, dopo essere stata brutalmente assassinata in un contesto violento di regolamento di conti rurale, meriti anche l’ulteriore sacrilegio della semplificazione formalizzato in una narrazione agiografica, che sfuma e attutisce i tratti di una vita difficile, di una storia complicata, di un’esperienza ruvida e coraggiosa. E rivoluzionaria. Un racconto che la sta iconizzando in un altrove metafisico e crocefiggendo dentro la cornice rassicurante di una copertina patinata, adeguata ai cenacoli dei più buoni di giorno e dei più cattivi di notte. Sono convinto che quella della compagna Agi sia stata una vita, sì, esemplare, ma molto, molto, umana. Una vita incastrata dentro l’incubo, o il sogno, abbagliante dell’esistenza difficile. E antagonista. Orientata dal senso del riscatto collettivo ancora prima che individuale Non posseggo parole definitive e nemmeno giudizi a margine; tuttavia nei quadretti oleografici di queste ore non la riconosco. E non mi riconosco. Forse perché la prosa martirologica non riesce mai a restituire la verità dell’esistenza concreta. Comunque, ancora ciao compagna Agi. #territoriocheresiste