Cose trentine: anche in Trentino è scoppiata l’Unesco mania.
Dopo la costituzione della Fondazione Dolomiti, ci sono amministratori che vogliono il riconoscimento come Patrimonio dell’umanità dei muretti a secco, che in montagna delimitano i vari poderi, chi vuole il riconoscimento dei vigneti a terrazza della valle di Cembra ed ora anche chi spinge per il monte Baldo, che domina il lago di Garda.
Ma servono questi riconoscimenti? Tante autorevoli persone, a cominciare da Sgarbi, sono assai scettici. Allora tentiamo di capire partendo con qualche cifra.
Il bilancio dell’Unesco è di circa 780 milioni di dollari, dati della Gabanelli non certo miei e sono di un paio di anni fa.
Come vengono spesi? 206 milioni vengono versati ad enti vari per sostenere l’istruzione nel mondo e questo va bene, ovviamente. Altri 320 milioni sono necessari per mantenere le strutture, gli uffici, il personali e le missioni. Cioè quasi la metà del bilancio per mantenere il carrozzone. Per dare un’idea: Save the Children, sparsa nel mondo come l’Unesco, spende per il personale e gli uffici poco meno del 4 per cento del suo bilancio. E qui viene in mente un brano spassoso di Leo Longanesi che dopo il 1950 venne invitato a visitare la sede Unesco di Parigi, Ne uscì sconvolto e commentò più o meno con queste parole: “L’impegno più importante dei vari dirigenti Unesco era di scegliere a quale convegno partecipare e dove”.
Un ultimo dato. Per la tutela dei vari siti/patrimoni l’Unesco spende 30 milioni di dollari, ovvero circa il 3 per cento. Ma di questi 30 milioni – informa la Gabanelli – poco o nulla entra nelle casse degli Stati in cui effettivamente si trovano le «meraviglie» universali. Insomma è una presa in giro. Infine quanto spende l’Italia per i suoi circa 50 siti Unesco? Negli ultimi 10 anni il Ministero ha versato obbligatoriamente nelle casse dell’Organizzazione circa 120 milioni di dollari. Una cifra imponente. Se questi 120 milioni fossero stato usati per valorizzare il patrimonio italiano forse qualche risultato ci potrebbe essere. E quanto costa all’ente che la propone l’iscrizione di un sito all’Unesco? Circa 500 mila euro ma poi, al termine dell’istruttoria, non è detto che la domanda venga accettata.
A fronte di queste cifre qualche domandina bisognerebbe pur farsela, anche se sappiamo che in questo paese – e anche in questo Trentino – tanti amministratori quando sentono parlare di Unesco vanno in brodo di giuggiole. Abbiamo accennato alla Fondazione Dolomiti: ma serve? Inviterei chi ha un po’ di pazienza a spulciare, sul sito Fondazione Dolomiti, la voce “amministrazione trasparente“. Poi ognuno trarrà le sue conclusioni.
Un mio amico dice che i soldi pubblici sono di nessuno. Ma questo non è un buon motivo per mettere in piedi carrozzoni. Se invece cominciassimo a pensare che i soldi pubblici sono anche nostri forse tante cose cambierebbero.