PADRE (DIONISO) PERDONA LORO PERCHÉ NON SANNO QUEL CHE FANNO. E NEPPURE QUEL CHE DICONO. Il giardiniere di Trento, il povero Maury, l’ormai mitologica Caschetto d’Oro e l’inarrivabile Failoni (quello che un paio di anni fa si faceva immortalare allegramente alle prese con una bottiglia Prosecco Astoria), ieri dal palco del Festival delle “bollicine” (come le chiamano loro) hanno lanciata una sfida epocale: “Più Trentodoc e meno Prosecco”. Insomma Vincere! E vinceremo! Chissà se qualcuno fra i tanti sacerdoti che scodinzolano al capezzale di questo improbabile brand ha spiegato loro che il Prosecco è una denominazione (anzi una piramide di denominazioni), mentre il cosiddetto “Trentodoc” è solo un marchio. Che si tratta di vini che nascono in territori differenti, da uve differenti, che vengono elaborati con metodi differenti. E che tecnicamente non possono entrare in competizione nemmeno pregando la Madonna e San Gennaro: intanto perché sono posizionati su fasce di prezzo molto distanti, poi perché il Prosecco certifica circa 700 milioni di pezzi, mentre il cosiddetto “Trentodoc” si ferma a 10 milioni. Il primo vende soprattutto all’estero, il secondo l’estero non sa nemmeno dove stia di casa. Ma loro, gli ineffabili quattro, come un (4) qualsiasi Cetto Laqualunque, promettono “cchiù Trentodoc pe’ tutti!”