I germanici hanno fama di essere precisi, caparbi, puntuali e tutto il resto. Insomma affidabili. Anche quando degustano e giudicano dal loro punto di vista. Come dire che chi vuol vendere loro qualcosa è meglio tenga conto del loro parere.

E quando le degustazioni abbracciano un gran numero di prodotti di una zona viticola ne esce anche un giudizio globale sull’intero territorio.

Il sito tedesco Wein.plus si è ovviamente occupato spesso anche dei vini altoatesini, soprattutto con Roland Brunner, magari coinvolgendo tipologie con altre prodotte altrove come qualche tempo fa era capitato al Blauburgunder / Pinot Nero dell’Alto Adige: I fratelli disuguali – Pinot Noir dalle zone di coltivazione di lingua tedesca.

L’8 marzo scorso sul magazin.wein.plus all’Alto Adige è stato dedicato un intero focus che dà conto di quasi 400 (diconsi quasi quattrocento) degustazioni condotte da un gruppo di esperti sotto la regia di Marcus Hofschuster e Kim Schreiber. Vini di cantine sociali, vini di tenute vitivinicole e vini di piccoli vignaioli.

Il giudizio finale è molto lusinghiero: buone notizie dall’Alto Adige, le piccole e giovani aziende vinicole lavorano con metodi non convenzionali e producono sempre più spesso qualità davvero eccellenti. Da cui il titolo “Non trascurate i piccoli”.

Un messaggio o almeno un’esortazione a chi ha orecchie da intendere. E poi, che focus sarebbe se non si focalizzasse? Ecco allora la sintesi: l’Alto Adige è probabilmente l’unica regione vinicola al mondo in cui le cooperative e le cantine singole non solo producono razionalmente in quantità, ma lo fanno anche sul piano della qualità dimostrando unità d’intenti. Lo fanno anche le più blasonate tenute, con poche eccezioni, quelle cioè che nel tempo si erano affermate col proprio blasone incidendo sul mercato e acquisendo spesso fama mondiale.

Un tempo, se dell’Alto Adige si voleva capire lo stato di salute dal punto di vista della qualità dei vini il numero di produttori che bisognava conoscere era facilmente gestibile.

Questa situazione sta ora cambiando. Mentre lo status delle cooperative e delle principali tenute è ancora oggi intatto, il numero di piccoli e ambiziosi produttori di vino sta crescendo così rapidamente che anche amante del vino con sensibilità verso il Südtirol comincia ad avere difficoltà nel tenerne traccia.

Per i consumatori questo può essere solo vantaggioso. Una nuova diversità acquisita, infatti, non fa crescere solo l’offerta. Per innovazione e sperimentazione le piccole cantine sembrano quasi un parco divertimenti a tema: nuovi metodi di coltivazione e di sviluppo, strategie finora mai applicate nel territorio, vitigni resistenti ai funghi (PIWI) o anche solo nuovi concetti di marketing: quasi ovunque le piccole aziende, spesso ancora giovani, assumono un ruolo pionieristico. È facile, convengono gli autori, che questo impegno possa inizialmente essere accompagnato da fluttuazioni qualitative, ma la maggior parte dei nuovi vini dell’Alto Adige arricchisce chiaramente l’offerta e rende questo paese del vino ancora più eccitante di prima. E alla fine ne beneficeranno anche gli storici produttori che si sono affermati nei tempi passati. A chiudere, ecco il messaggio-esortazione iniziale: se sono intelligenti, come si può supporre, ne beneficeranno anche spesso.

Il focus si chiude con la raccomandazione di utilizzare anche i link per tutti i vini con le note di degustazione dettagliate e i loro produttori alla fine delle liste.

Scorrendole tutte, i pensieri si accavallano… madonna quanti, e a che prezzi, ma che buoni (sempre a giudizio loro). Loro sono i germanici che hanno fama di essere precisi, caparbi, puntuali e tutto il resto. insomma affidabili