È di questi giorni la notizia che il 18 e 19 maggio prossimi alla FEM di San Michele all’Adige si terrà il sesto Concorso per i vini del territorio.

L’iniziativa è del Centro Istruzione e Formazione, autori gli studenti di enologia. Per questioni organizzative la manifestazione è limitata quest’anno alle tipologie  Teroldego rotaliano ‘20, ai Trentino Marzemino, Pinot bianco, Riesling, e Nosiola (anche IGP), ma anche ai Südtiroler Weissburgunder e Riesling, oltre ai vini dolci regionali con oltre 45 g/l di residuo zuccherino. Una commissione di esperti premierà i migliori il 1* giugno prossimo, mentre all’enotecnico più meritevole andrà il premio alla memoria del compianto prof. Sergio Ferrari.

Questo Concorso è ciò che rimane di una tradizione ultra secolare che assegna al Trentino Alto Adige la primogenitura mondiale delle Mostre-assaggio vini, di Fiere, Rassegne, Festival locali, regionali, nazionali e internazionali… tutte manifestazioni nate dopo.

I nostri vini di allora, non proprio tutti di qualità, prodotti in un territorio a cavallo dei  mercati mitteleuropei, hanno fatto comunque la differenza. Le degustazioni, infatti, servivano proprio ad insegnare a non commettere errori nel ciclo vite-vino-consumo, al di là della formazione dei tecnici che in San Michele aveva il suo faro. La Mostra-Assaggio di Bolzano e la Mostra Vini del Trentino avevano soprattutto carattere mercantile perché a primavera si presentavano tradizionalmente i vini della vendemmia precedente. Negli anni seguenti il secondo dopoguerra, specie a Trento si integrava la Mostra con decine di incontri-degustazione dove l’aspetto organolettico dei vini lasciava il posto preminente al confronto d’idee e alla definizione di obiettivi e strategie, tanto per il territorio quanto per le aziende. Un’interfaccia cioè, fra quanto predicato da Provincia e Comitato Vitivinicolo (che lo facevano di mestiere) e la cosiddetta base fatta di viticoltori e cantinieri, negozianti e ristoratori, sommelier e consumatori. Le cantine espositrici partecipavano attente e coglievano preziosi orientamenti. E non è secondario che proprio attorno ai tavoli della Mostra siano nati il Comitato Vitivinicolo (oggi Consorzio Vini), la Confraternita della Vite e del Vino, l’Istituto Tutela Grappa del Trentino, l’Udias, l’Onav e finanche l’Associazione Trento Classico (oggi Istituto Trento D.O.C.)

Sappiamo che da un ventennio le cose sono cambiate: la facilità delle comunicazioni e la globalizzazione dei mercati hanno spazzato via questo tipo di iniziative lasciando spazio ai grandi eventi internazionali tipo Vinitaly.

Come talvolta accade, però, buttando via tutto non rimane solo il rimpianto dei bei tempi passati, ma anche la constatazione che s’è perso qualcosa d’importante. Soprattutto ora che altri eventi ridimensionano la globalizzazione e che indici indiscutibili evidenziano come il Trentino vinicolo si sia nel frattempo svaporato.

La forbice con Bolzano si è allargata, in tutti i sensi: non ha più fiato nemmeno l’autoreferenzialità che pure aveva illuso gli anni del cambiamento. Ora non parla più nessuno, né quelli che lo dovrebbero fare per mestiere, né la cosiddetta base. Dopo la concentrazione negli oligopoli e la polarizzazione su un paio di vini bianchi, il confronto (al ribasso) è sui prezzi dei vini dei territori più grandi. Eppure la qualità c’è e le tipologie – ancorché ridimensionate – permetterebbero di alzare la testa e rivaleggiare con gli altoatesini. Mancano il sostegno di un progetto di rilancio territoriale e soprattutto la volontà/consapevolezza che qualcosa di unitario si debba assolutamente fare.

Un po’ timidamente ci pensano gli studenti di San Michele, ai quali chissà perché, non è concesso scostare il bicchiere dalla bocca e discutere di politica vitivinicola, ma solo di degustare per focalizzare i caratteri salienti dei vini e delle relative zone di produzione.