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di Massarello – Una notizia ripetuta per anni non è più una notizia, ok. Non lo è per una guerra, figurarsi per un concorso vini. Ciò non toglie che, come sulle guerre si debba tenere alta l’attenzione, anche sui concorsi valga la pena di darci un occhio, altrimenti per cosa continuano a partecipare le cantine con i loro vini? Per questo i “tre bicchieri” del Gambero rosso 2014 restano una notizia che merita attenzione, anche se il confronto con i cugini dell’Alto Adige continua ad essere impietoso: Bolzano batte Trento 27 a 11. Era già successo negli anni precedenti quando la frustrazione graffiava più dolorosamente. Oggi i trentini sembrano averci fatto il callo, ma la piaga sotto pelle resta. E resta soprattutto la sensazione che nemmeno questo stimolo serva a smuovere un sistema che ha paura di cambiare e di innovare. Si teme di perdere la redditività che senza troppi sforzi e con una buona dose di fortunate circostanze ottimamente sfruttate ha posto il sistema trentino in cima alla scala dei risultati economici nazionali e non solo. Senza smuovere il territorio, ma solo adattandolo alla richiesta degli oligopoli dell’imbottigliamento che l’hanno by-passato pescando il prodotto dove più conveniva. E spalmando gli utili sulle produzioni locali, drogandole al punto da non farle più reagire. Infatti, non reagisce nemmeno con un reiterato 27 a 11!

Il territorio, appunto. A Verona, enoprovincia più grande d’Italia, devono essere scemi a puntare sulle loro denominazioni di origine e a Bolzano evidentemente matti, considerando che hanno pure la metà della superficie vitata trentina. Ma dove sta il problema se a Trento i viticoltori guadagnano più dei vicini? Chissenefrega del 27 a 11! A parte qualche sbandata che non ho capito, su questo blog si è sempre insistito anche ruvidamente per stimolare un dibattito in favore del territorio, mettendo in guardia chi di dovere sui pericoli dell’…abuso di droga. Esprimendo anche l’opinione che il filone aurifero (sostanzialmente del Pinot grigio delle Venezie) potesse benissimo essere perseguito a patto che si mettesse in campo per subito una politica di territorio rispettosa della vocazionalità delle diverse zone di produzione. Invece, ad un contadino che deve rinnovare il vigneto, nove volte su dieci viene ancor oggi consigliato di impiantar Pinot grigio! La realtà è purtroppo questa ed il PIKA di Cavit e qualche altra notiziola filo-territoriale restano molto sullo sfondo con tempi di realizzazione inaccettabili in un moderno quadro strategico.

Passa così per notiziola anche il successo del Rotari Flavio (2004?) fra gli 11 massimi riconoscimenti alla spumantistica trentina che, dopo aver sfiorato il successo nel 2010 e 2011, si aggiunge quest’anno alle certezze storiche della Riserva Graal 2006 di Cavit, della Riserva Letrari 2006, del Ferrari Perlé Nero (2007?) e del Nero 2008 di Abate Nero. Cinque Trento DOC su 11 vini può essere un buon risultato se visto superficialmente, ma non lo è più tanto se si considera la cinquantina di Case tutte impegnate ad ottenere il massimo assoluto dalla rifermentazione in bottiglia dello Chardonnay (e Pinot nero). Come vini tranquilli lo Chardonnay ed il Pinot grigio sono i grandi assenti fra i premiati, assieme ai meno diffusi, ma non per questo meno importanti Cabernet, Lagrein, Marzemino, Merlot, Moscato, Nosiola, Pinot bianco, Rebo, Riesling, Sauvignon, Traminer e Vino Santo solo per stare con la DOC Trentino che pure ne prevede molti qualificabili come superiore o riserva. Il fatto è che oltre a non credere più nella DOC come segno dell’identità territoriale, non si crede più nemmeno nella varietà di vite e questo è un altro aspetto su cui riflettere. Nella spumantistica si è pompato un marchio commerciale (Trentodoc) nella convinzione che bastasse questo per affermarsi come zona di produzione, rinunciando a ben altro risultato se si fosse investito su un “Trento” tout court. Il mercato non è scemo, come non sono scemi i veronesi o matti gli altoatesini. Premia, al di là del Gambero rosso, chi mattone su mattone costruisce su basi solide seguendo un progetto corale che in Trentino continua a non vedersi. Grazie comunque ai “singoli” che almeno tengono accesa la luce.