IMG_8193Non ci resta che ridere. Ma solo perché le lacrime meritano altri investimenti emotivi e altre pieghe dell’umana esistenza. L’altro giorno, il 15 febbraio, sulla prima pagina del quotidiano più letto della provincia, è apparso un eccelso editoriale firmato da Tiziano Mellarini, l’assessore più presenzialista e autoreferenziale che la storia del Trentino democratico riesca a ricordare. Titolo: Il Trentino piace anche a tavola. Ohibò, che bellezza. Finalmente qualcuno si è accorto anche di noi. Prima di lanciarsi in un entusiastico crescendo attorno allo sdoganamento culturale della nostra cucina, l’assessore ha posto alcune pensose e pensate (e tutto sommato, in astratto, anche condivisibili) premesse del seguente tenore: “L’integrazione tra il settore turistico e quello agroalimentare è senza dubbio uno degli obiettivi e delle sfide per valorizzare l’identità di un territorio”. Giusto. E ancora: “Una sfida che necessita di impegno e di pensiero. Per rigenerare la tradizione attraverso l’innovazione e la creatività, per cogliere le tendenze di un mondo «glocale» in continua trasformazione, per trasformare l’offerta enogastronomica in ambasciatrice di una autenticità che coglie gli stimoli del presente e guarda al futuro”. Due volte giusto. Quando ci vuole, ci vuole. Anche l’orizzonte teleologico verso cui mirare. Ma il bello viene dopo. Quando da queste trasognate e vertiginose premesse, l’assessore, che ormai sempre più raramente frequenta il mondo reale, passa all’analisi del presente. E qui, quello che a prima vista aveva tutta l’aria di voler assurgere a editoriale da imperituro manuale di giornalismo, si rivela subito per quel che è: l’ennesimo inutile e melenso comunicato stampa grevemente gravido di un’autoreferenzialità strapaesana che non serve ad alcuno. Costruito secondo i rigorosi canoni estetico-formali messi a punto in questi anni da quella efficientissima macchina fabbricatrice di miele che è Trentino SpA, il braccio armato (e letterario) dell’assessore. Una specie di nota stampa a posteriori, per ricordarci, ché magari ce ne dimentichiamo, che il Trentino è l’ombelico del mondo. Anzi, in questo caso, la padella del mondo. Ma a posteriori, rispetto a cosa? Ma certo, rispetto all’evento milanese dedicato all’alta cucina mondiale (5-7 febbraio): Identità Golose 2012. Di cui il Trentino – come abbiamo già avuto modo di scrivere un paio di settimane fa – è stato “Regione Ospite Speciale”. Una comparsata istituzionale che gli organizzatori milanesi, giustamente, segnalarono con somma discrezione alla voce “collaborazione”, mescolata fra i leader e i medium sponsor dell’evento. Una di quelle scampagnate istituzionali, che, come vedremo fra poco, nessuno ma proprio nessuno, a parte assessore flautato e la sua corte mielosa, si è filato. Come capita sempre quando le cose vengono messe in piedi in questo modo; quando il consumatore annusa puzza di bruciato e non capisce dove finisca la “collaborazione” e dove comincino il valore, la qualità, il merito, la selezione. Ma che invece è bastata, per far immaginare all’assessore di aver contribuito alla conquista del meritato posto al sole e per fargli scoprire che alla nostra Provincia non “si addicono più i panni di cenerentola”. Ma cenerentolo ci sarà lui, ti verrebbe da dire. In realtà, della presenza del Trentino all’evento milanese (un autorevole blog ha svelato anche il costo dell’operazione, leggi qui) non è rimasta la benché minima traccia. Per averne conferma basta chiedere alla rete. Ho provato ad inserire nella magica scatola di Google la sequenza di parole Trentino Identità Golose Milano 2012, e questo è stato il risultato: vedi qui. La ricerca restituisce solo i link che portano a siti e a blog che si sono limitati a rilanciare i copiosi e barocchi comunicati stampa messi a punto dalla Macchina del Miele. Tutto qui. Purtroppo tutto qui. Fra l’altro, paradossalmente, nemmeno il gran patron della manifestazione, il guru dei giornalisti gastronomici, Paolo Marchi (sangue trentino nelle vene), a parte le doverose dichiarazioni di rito rilasciate a Trento per suggellare la “collaborazione” con la nostra Farfalla, non se la è sentita di calcare la mano sul ruolo recitato dalla terra dei suoi padri nel mondo dell’haute cuisine. E infatti sul suo blog personale (www.marchidigola.it) il 3 febbraio, un paio di giorni prima della kermesse che avrebbe dovuto consegnare definitivamente la nostra cucina all’Olimpo degli chef, Marchi ha scritto un godurioso spot pro Trentino. Titolo: “Clamoroso a Trento”. Ma attenzione, il clamore non ha niente a che fare con le leccornie cucinate dalle parti di piazza Duomo e nelle altre osterie-pizzerie tipiche trentine. Ciò che invece colpisce il (quasi) trentino Marchi, è la strana umanità di noi ordinati e virtuosi polentoni di montagna…“A Trento sono davvero strani, non sembra Italia: gli automobilisti inchiodano se uno a piedi si avvicina alle strisce e i marcipiedi sono divisi da una linea, i ciclisti da una parte e i pedoni dall’altra, e guai far confusione. Se è un virus, vorrei tornare a Milano con una fornitura da distribuire gratis”. Insomma, di cucina trentina non se ne è parlato prima, come non se ne è parlato dopo. Altro che Olimpo sognato e Cenerentole velleitarie. Il solo a non essersene ancora accorto è il nostro assessoresognatore. Fortunato lui, che continua a raccontarsela (cela) e ora anche a scriversela (cela). Non si capisce a che pro. O si capisce benissimo: a volte le parole, soprattutto quelle letterarie, sono uno stupefacente surrogato sostitutivo (e quindi manipolatorio) della realtà. E qualche volta il giochino funziona pure. E poveri noi, che invece, anno dopo anno, continuiamo a contare i cadaveri lasciati sul terreno dalle poco generose guide gastronomiche internazionali non ancora “collaborate” (e corroborate) dalla munifica FarfallaCicala del Trentino.

 

Qui l’editoriale-comunicato stampa firmato dall’assessore Mellarini!