Primo post del 2013 per segnalare l’ultimo brutto tiro (nei confronti del TRENTODOC cooperativo) con il quale ieri quella simpatica carogna bergamasca che risponde al nome di Franco Ziliani ha salutato a modo suo il 2012. Una cruenta stroncatura della bottiglia trentina, a cui il sistema cooperativo di Mezzacorona aveva affidato il compito di chiudere la partita (?) con lo Champagne: AlpeRegis TRENTODOC 2007. Le note di degustazione redatte dal giornalista lombardo non possono entusiasmare: ne esce il profilo di un vinone  seduto su se stesso con l’imprinting del vorrei ma non posso. Ma vale la pena che queste note le leggiate per intero: qui.
Approfitto, però, di questo post per abbozzare una riflessione. Negli ultimi mesi del 2012, su un noto sito enogastronomico palermitano, sono uscite parecchie recensioni (qui, qui e qui) dedicate a questa bottiglia. Sempre improntate al registro dell’acritico entusiasmo di chi non vede l’ora di dimostrarsi più realista del re. Naturalmente, niente da eccepire: libero entusiasmo in libero stato. Anzi in libera Sicilia. Ma viene da chiedersi: questi peana ripetuti e reiterati, che finiscono per diventare convenzionale ideologia estetica dell’impresa, fanno bene al TRENTODOC, sono utili al nostro metodo classico? Io penso di no, almeno per un paio di buoni motivi. Non aiutano le maison spumantistiche a crescere e a migliorarsi. E, allo stesso modo, sono convinto non riescano ad avvicinare e a persuadere il consumatore di metodo classico; che è un consumatore evoluto, sofisticato, esigente ed esperto, esperto anche nel decifrare messaggi più o meno subliminali. E per oggi, la finisco qui. Con queste perplessità che consegno al giorno di Capodanno 2013.

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– Trento Doc Extra Brut AlpeRegis 2007 Mezzacorona